Il tema della pensione anticipata per i lavoratori precoci e della proroga dell’opzione donna resta ancora sul tavolo della maratona che condurrà all’approvazione della Legge di Stabilità 2016. La manovra, annunciata dal premier Renzi, avrebbe dovuto prorogare il regime sperimentale per le signore anche se il termine è stato usato nella sua accezione più sbagliata: non si tratta, infatti, di una proroga in senso tecnico ma soltanto del superamento delle circolari Inps contro le quali il Comitato aveva avviato la Class Action tra fine 2014 ed inizio 2015.

Per quanto riguarda i lavoratori precoci, invece, sappiamo tutti del rinvio al 2016 della questione: un pensiero ribadito da più parti ma che poco convince circa le reali possibilità di chiudere definitivamente la vicenda.

Ultime proroga opzione donna e pensione anticipata precoci: quali novità?

Della mancata proroga se ne è accorta l’onorevole Patrizia Maestri del PD che, con un post su Facebook, annuncia la sua intenzione di presentare degli emendamenti che vadano effettivamente in tal senso. Come specifica anche la deputata, infatti, quanto prevede la Legge di Stabilità non è altro che la regolare prosecuzione della legge istitutiva del 2004 che l’interpretazione restrittiva dell’INPS aveva in qualche modo ostacolato.

La vera proroga sarebbe la prosecuzione dell’opzione donna oltre quest'anno: un’intenzione, questa, espressa da diverse forze politiche che vorrebbero un’estensione del regime almeno fino al 2018. Ciò risolverebbe il problema delle signore nate nell’ultimo trimestre del 1957 (autonome) e 1958 (lavoratrici dipendenti) che, ad oggi, resterebbero fuori dal prepensionamento a causa dell’aspettativa di vita.

Per ciò che concerne i lavoratori precoci, a mantenere il cerino della pensione anticipata con la quota 41 è rimasto il solo Cesare Damiano che, da mesi, ha sposato la causa. Nel governo Renzi, infatti, nessuno sembra essere favorevole a questa soluzione. La Lega Nord, recentemente, ha rilanciato la quota 100 tramite Matteo Salvini e, in passato, si era detta anche disponibile a votare la stessa quota 41 purchè venisse favorita la flessibilità in uscita.

Il problema è che la deriva governativa della nostra democrazia, negli ultimi anni, ha spostato tutte le decisioni dal parlamento al governo: senza l’ok di Palazzo Chigi, salvo clamorose sorprese, non sarà mai deciso nulla di significativo tra gli scranni di Palazzo Madama o di Montecitorio.