Che la Legge Fornero fosse tremenda lo si sa ormai da tempo, lo sanno soprattutto quelli che sono autentiche vittime degli inasprimenti previdenziali giustificati dalla crisi del 2011 e dallo spread. Lavoratori che per colpa delle Leggi e della politica, da un anno all’altro scoprono che devono ancora lavorare e che non possono andare in pensione come credevano. Oppure lavoratori di un settore che rispetto a coetanei di un altro settore vanno in pensione con tanti anni di differenza. Poveri lavoratori, non ci si capisce più niente, non si riesce a capire neanche quando andare in pensione, tra quote, contributi, età anagrafica e aspettativa di vita.

Neanche i software e le “buste arancioni” che l’Inps ha predisposto per far comprendere meglio la materia servono a molto se poi le norme scombinano tutto.

Le donne nate nel 1953

Un’analisi interessante uscita sul quotidiano “Il Giornale” del 13 ottobre fa capire meglio le anomalie del sistema pensionistico italiano e della sua evoluzione temporale. Le donne nate nel 1953 sono un tipico esempio di ciò che dicevamo in premessa, con amiche e coetanee che per aver lavorato in settori diversi si trovano ad andare in pensione anche con 30 anni di differenza l’una dall’altra, soprattutto in virtù dell’innalzamento dell’età pensionabile voluto dalla attuale normativa previdenziale. L’esempio dettagliato del quotidiano prende in esame due compagne di banco alle elementari che hanno avuto due carriere lavorative diverse, una nel Pubblico Impiego ed una nel settore privato.

L’evoluzione della Legge italiana, che poi ha portato al deficit del nostro sistema pensionistico, ha concesso alla prima la baby pensione con il versamento di 14 anni 6 mesi ed un giorno di contributi e quindi è in pensione dal 1989 all’età, udite udite, di soli 36 anni. Per la compagna di banco meno fortunata, se non dovesse venire modificata la Legge Fornero, la pensione è ancora un sogno.

Dovrà aspettare il 2020, quando avrà 67 anni e quando il processo di uniformità dell’età utile alla pensione sia per maschi che per femmine sarà completato.

Ma allora perché non si fa niente?

Il nostro sistema previdenziale, oltre che essere tra i più aspri del mondo civile è anche il più complicato da capire. Per tornare all’esempio di prima, una donna nata nel 1952, anche se il 31 dicembre, non avrebbe il problema delle nate l’anno successivo.

Infatti la Legge concede a queste il bonus di uscire a 64 anni o poco più con soli 20 anni di contributi versati. Le troppe differenze per gli anni di nascita, per i settori dove si lavora e così via, fanno si che il nostro sistema previdenziale sia antipatico a tutti. Renzi, anche se non ha avuto la forza (o il coraggio) di prevedere fin dalla prossima Legge di Stabilità una riforma delle Pensioni, ha promesso che l’argomento resterà sempre in agenda e che nel 2016 si provvederà ad una riforma equa e largamente condivisa. Il Mondo dei lavoratori ci spera vivamente, non è possibile oggi non capire quando uno dovrà smettere di lavorare per andare in pensione. Serve una riforma ed anche alla svelta anche perché mandare in pensione la gente prima e soprattutto in maniera certa, avrebbe effetti benefici anche per i giovani che cercano disperatamente un lavoro. Più tardi si manda in pensione un anziano lavoratore, più tardi un giovane disoccupato troverà impiego.