Lapensione, spesso di importo modesto, è diventata quasi un miraggio per i giovani dato che, per averne una, dovranno lavorare molti più anni rispetto ai loro genitori, specialmente nel caso in cui non hanno la fortuna di essere assunti con contratto a pieno ma con un semplice part time. Una buona notizia proprio su tale tipologia contrattuale arriva dalla magistratura. La Suprema Corte infatti si è pronunciata recentemente sul caso di una lavoratrice assunta con contratto part time, caratterizzato dalla riduzione della normale durata temporale della prestazione.

La domanda che si sono posti i giudici di Piazza Cavour è stata se possano essere inseriti nell’anzianità contributiva di un lavoratore a tempo parziale verticale anche quei periodi in cui egli non ha lavorato. Nel rispondere a tale interrogativo gli ermellini hanno richiamato in primis il Dlgs. n. 81/15 che stabilisce che tale lavoratore ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento normativo ed economico deve esser riproporzionato in base alla ridotta prestazione lavorativa.

Assistente di volo e diritto alla pensione per i periodi non lavorati

Protagonista della vicenda da cui trae origine la sentenza della Suprema Corte è una donna che ha proposto ricorso per ottenere il riconoscimento, da parte dell'Inps, di un'anzianità contributiva pari a 52 settimane annue anche per i periodi in cui il suo rapporto di lavoro come assistente di volo alle dipendenze di Alitalia S.p.A.

si era svolto con modalità di part time verticale ciclico. I giudici di merito le danno ragione, ritenendo che per l'anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di maturazione del diritto alla pensione dovessero esser presi in considerazione anche i periodi in cui non c’era stata alcuna prestazione di attività lavorativa né versamento di retribuzione e di contributi previdenziali.

L’Inps però non si rassegna a tale decisione e propone ricorso in Corte di Cassazione, lamentando la violazione del D.lgs. n. 61/2000. L’Inps fa presente che per il part time verticale le modalità di calcolo dell'anzianità contributiva ai fini pensionistici non consentono di spalmare su tutto l’anno e quindi anche sui periodi non lavorati i contributi versati per i periodi lavorati.

La Cassazione: no alle discriminazione di chi lavora a tempo parziale

Gli ermellini, nel rigettare il ricorso dell’Inps, hanno richiamato una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che menziona, come anche la direttiva europea n.97/81 prevede, una maggior tutela del lavoro a tempo parziale verticale. Ne consegue che, per eliminare le discriminazioni nei confronti del lavoratore part time verticale rispetto a quello assunto a tempo pieno o con part time orizzontale, la sua anzianità contributiva deve esser calcolata con le stesse modalità previste per i secondi. I giudici di legittimità dunque estendono la regola dell’anzianità contributiva prevista per il lavoro a tempo pieno anche a quello part time verticale, statuendo che non si possono escludere i periodi non lavorati dal calcolo dell'anzianità contributiva a meno che tale differenza di trattamento non sia giustificata da ragioni obiettive.

E ciò perché i periodi non lavorati, che discendono non dalla accidentale sospensione ma dalla normale esecuzione di tale contratto, non possono rendere più difficile la maturazione del diritto alla pensione. (Corte di Cassazione, sentenza n.24532/2015 depositata il 2 dicembre). Per info di diritto premi il tasto "segui".