Da sempre avere una buona media è la strada maestra per laurearsi con il massimo profitto: il 110 e lode che tanto fa la gioia di genitori e parenti, costituisce oltre che un soddisfacente riconoscimento per i sacrifici affrontati, talvolta anche una corsia preferenziale per il mondo del lavoro. Tuttavia, a parte casi eccezionali, la strada che conduce a questo traguardo è lastricata da rinunce che non riguardano solo lo svago: spesso per non peggiorare significativamente la propria media, tantissimi studenti sono costretti a rifiutare il voto.

Un diritto sacrosanto, ma che oggi è diventato oggetto di discussione, da qui la proposta di un docente di Ingegneria dell’università di Padova, per cui questo diritto dovrebbe essere negato.

Un solo appello, prendere o prendere: vietato rifiutare il voto

Il ragionamento a detta del professor Massimiliano Barolo, docente di Ingegneria chimica, nonché presidente della scuola di Ingegneria di Padova, appare tanto semplice quanto disarmante. “Lei rifiuterebbe il voto dell’esame di maturità? – chiede al giornalista del Corriere della Sera – Quello è un voto che arriva al termine di un percorso di studi. E così deve succedere all’università: c’è un corso e alla fine si fa l’esame”. In sostanza l’idea è questa: un appello singolo e un voto singolo da accettare per forza come una medicina amara, e se il prof non è in giornata oppure l’emozione gioca qualche brutto tiro, tanti saluti ad una media conquistata con sudati sforzi, rifiutare non si può, è vietato.

Ripresentarsi all’appello successivo? Un’inutile perdita di tempo

Secondo il professor Barolo, il rifiuto del voto dell’esame sarebbe solo una perdita di tempo in quanto per nulla pedagogico. Secondo il prof infatti presentarsi all’appello successivo non serve agli studenti a migliorare la preparazione quanto “piuttosto allungano la loro permanenza all’università, cosa che invece puntiamo a ridurre”.

Certo, del resto i fuori corso non fanno comodo a nessuno, specie alle Università che, se sforano un determinato tetto annuo rischiano di vedersi negati cospicui finanziamenti. A suffragare la propria tesi in realtà il professore ha argomenti piuttosto convincenti e sfata il mito secondo cui “chi ci mette di più prende voti migliori” uno stereotipo, mentre invece si dovrebbe essere capaci di scegliere oculatamente senza rimandare, lavorare per un risultato senza la rete di sicurezza dell’appello successivo, per essere preparati ad affrontare l’ambito lavorativo.

Frequenza obbligatoria e premi per chi finisce in tempo

Nel novero delle altre proposte, oltre al divieto di rifiutare il voto, c'è anche premiare chi finisce nei tempi e rendere obbligatoria la frequenza dei corsi. La proposta pare piaciuta a Paolo Iacci, interpellato dal Corriere della Sera (esperto di Human Resources nonché presidente dell’AIDP) che ha confermato senza mezzi termini che in un CV “pesa di più la velocità di conclusione del corso di studi che il voto finale”. Una realtà ignorata dalla maggioranza, a quanto pare, visto che il nostro Paese ha il minor numero di laureati alla triennale dei 34 Paesi maggiormente industrializzati. Anche Ivano Dionigi, presidente di Alma Laurea gli fa eco: il voto è un elemento importante, ma non è fondamentale, eccezion fatta per i concorsi pubblici.

Gli ingredienti essenziali di un buon curriculum sono le esperienze all’estero, la velocità negli studi e soprattutto la lingua: “pesa mille volte di più un ottimo inglese che 3 punti in più sul voto di laurea”.