Nei rapporti di lavoro fra lavoratori e datori di lavoro quest’ultimo può mettere in atto delle iniziative finalizzate alla concessione di miglior favori rispetto alla disciplina, contrattuale o legale. Gli usi negoziali in cui rientrano anche gli usi aziendali consistono infatti nella diffusione a favore di un gruppo di lavoratori di varie tipologie di benefici basati sulla spontaneità del datore di lavoro. La giurisprudenza, circa i requisiti dell’uso aziendale, ha sempre ritenuto che esso possa qualificarsi come una condotta reiteratamente tenuta dall’imprenditore sia nei confronti di ciascun dipendente in un’unica vicenda del rapporto lavorativi sia nei confronti di tutti i dipendenti.

Recentemente la Corte di Cassazione si è occupata dell'uso aziendale statuendo che esso fa sorgere un obbligo unilaterale di carattere collettivo che agisce sul piano dei rapporti individuali con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale.

Uso aziendale ed efficacia di contratto collettivo aziendale

La vicenda da cui trae origine la sentenza della Suprema Corte ha riguardato un dipendente di banca che ha proposto ricorso in Tribunale per il riconoscimento del diritto all’inquadramento della qualifica di funzionario, con condanna del datore di lavoro alle differenze retributive. Il Tribunale dopo aver accertato il demansionamento, in quanto il dipendente era stato incaricato di effettuare operazioni relative ai titoli, ha condannato la banca ad assegnarlo a mansioni equivalenti alla qualifica riconosciuta.

Il datore di lavoro ha cosi' proposto ricorso in Corte d’Appello che però non ha accolto le sue doglianze. I giudici dell’Appello hanno riconosciuto la prassi aziendale per la quale il dipendente addetto a funzioni ispettive dopo un periodo di 6 mesi di esercizio effettivo assumeva la qualifica di funzionario, anche in virtù di una valutazione meritocratica da parte della banca.

Ne conseguiva un riconoscimento sia un danno permanente sia di un danno biologico temporaneo di natura psichica quantificato in 16 mila euro. Il datore di lavoro ha quindi proposto ricorso per Cassazione contestando la sussistenza della prassi aziendale e sostenendo altresi’ che tale tipologia di attività a cui era stato adibito non doveva considerarsi attività puramente esecutiva.

La Suprema Corte con sentenza n. 5768 /2016 ha però rigettato il suo ricorso. Gli Ermellini hanno quindi abbracciato la tesi giurisprudenziale ormai consolidata sulla questione evidenziando che la ripetizione costante e generalizzata di un comportamento favorevole nei confronti dei propri dipendenti integra gli estremi dell’uso aziendale. Secondo gli Ermellini resta ferma la prassi aziendale come fonte sociale, posto anche che nel caso di specie, per il dipendente era d’obbligo lo scatto proprio perchè aveva ricoperto anche un ruolo da dirigente per molti mesi. Per altre info. di diritto potete premere il tasto segui accanto a mio nome