L'osservatorio Inps sull'andamento dei flussi previdenziali del primo trimestre 2016 mette in luce alcune importanti tendenze riguardanti gli assegni della quiescenza pubblica, a partire dalla diminuzione delle nuove erogazioni. Si tratta di un dato in linea con quanto atteso in virtù dell'entrata in vigore di nuovi criteri di uscita dal lavoro: a febbraio 2016 è infatti entrata in funzione la nuova clausola per l'adeguamento alle aspettative di vita, che ha visto aggiungere a tutti i pensionandi4 mesi in più di permanenza sul posto d'impiego al fine della maturazione della quiescenza.

Altro elemento degno di nota è il giro di vite avvenuto sul pensionamento delle lavoratrici, che si sono viste passare il criterio anagrafico di pensionamento dai 63 anni e 9 mesi dell'anno passato agli attuali 65 anni e mesi. Nella pratica, i nuovi pensionati nel corso di questo trimestre sono stati poco meno di95400, con una riduzione del 34,5% rispetto a quanto avvenuto nel 2015 (quando erano all'incirca 145600).

Riforma pensioni, crollano le uscite anticipate con la stretta sui requisiti

Stante la situazione, è da sottolineare che un effetto importante delle riforme avvenute negli ultimi anni si è determinato proprio al riguardo delle cosiddette Pensioni anticipate, legate cioè esclusivamente agli anni di contribuzione accumulati durante la propria carriera.

Il forte innalzamento dei requisiti ha determinato nel corso del primo trimestre 2016 una diminuzione del 46,1% rispetto al 2015. Si tratta della conseguenza dei nuovi requisiti di quiescenza, fissati a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e ad un anno in meno per le donne. Ma la prospettiva più preoccupante sembra restare quella legata alla data di pensionamento delle nuove generazioni, che secondo le recenti stime del Presidente Inps (nel caso dei nati negli anni '80) potrebbero trovarsi a uscire dal lavoro attorno ai 75 anni.

Un elemento che se combinato con il calcolo interamente contributivo dei futuri assegni, dovrebbe sicuramente far destare più di qualche spunto di riflessione sulla futura capacità delle pensioni pubbliche di assicurare un valido sostegno di welfare alla vecchiaia.

E voi, cosa pensate in merito agli ultimi dati comunicati dall'Inps?

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