La riforma delle Pensioni, così come è fuoriuscita dal verbale a margine dell’incontro Governo-sindacati del 28 settembre ha di fatto inserito l’APE alla voce flessibilità pensionistica. Dal 2017 i lavoratori con minimo 20 anni di contributi saranno liberi di lasciare il lavoro grazie all’anticipo pensionistico, sfruttando di fatto un finanziamento bancario per massimo 3 anni e 7 mesi. Cosa ormai conosciutissima è il fatto che i soldi alla banca vanno restituiti non appena si raggiungerà l’età stabilita per la pensione vera e propria, quella di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi.

APE social

In linea generale, saranno i lavoratori a restituire quanto percepito in anticipo come APE. La rata del prestito, caricata d interessi e spese accessorie come quelle assicurative, significherà percepire una pensione per 20 anni, più bassa di quella che spettava. La rata si andrà ad aggiungere a ciò che i lavoratori perderanno come montante contributivo per via degli anni in meno di contributi che verranno versati perché si è deciso di anticipare la quiescenza. Inoltre ci sarà da fare i conti con la riduzione di assegno derivante dai coefficienti di calcolo che ne riducono gli importi perché prima si esce dal lavoro e teoricamente più anni di pensione si percepiscono. In definitiva, gli assegni, soprattutto per chi usufruirà dell’anticipo massimo di 3 anni e 7 mesi, potrebbero subire tagli vicini al 40%.

Come dire che per via dell’anticipo, un soggetto che avrebbe dovuto percepire 1300 euro di pensione, ne prenderà 800. Il Governo però, per evitare che il salasso ricada su soggetti già in difficoltà, ha previsto l’APE social, nella quale sarà lo stato a caricarsi l’onere di restituire il debito al posto del pensionato, al quale rimarrà la penalizzazione dal punto di vista contributivo, ma non del finanziamento bancario.

Saranno tutelati certamente i disoccupati alla data di richiesta dell’APE, soprattutto se di lunga data. Poi i disabili e quelli con particolari problematiche familiari.

Si lavora per ampliare i soggetti da tutelare

In definitiva, i soggetti in difficoltà saranno agevolati e non subiranno tagli pesanti di assegno andando in pensione con l’APE.

Si valuta anche di rendere gratuita l’APE fino a determinate soglie di reddito o di pensione che si percepirà (forse 1.000 euro). Tra APE e lavori usuranti, anche se non sono la stessa cosa, c’è un filo comune. I lavoratori soggetti a mansioni usuranti, godono di un trattamento privilegiato per la pensione, uscendo a 61 anni circa, anche se tra meccanismo delle quote e delle finestre mobili, il vantaggio si riduce sensibilmente fino a scomparire del tutto perché per qualcuno è più facile raggiungere le soglie per la pensione anticipata che rientrare tra i lavori usuranti. Inoltre, le categorie di lavori usuranti previste dall’INPS sono ristrette ed ogni anno ci sono categorie che ne rivendicano l’appartenenza.

I sindacati adesso sono al lavoro per spronare il Governo ad ampliare la platea di attività da ritenere usuranti, anche per chi volesse utilizzare l’APE. In pratica si cerca di far rientrare coloro che hanno lavori pesanti, nell’APE social, in modo tale da non subire le penalizzazioni previste dall’anticipo senza tutele. Come per la querelle dei lavori usuranti veri e propri, i muratori ed i lavoratori in altura chiedono un aiuto. Tra le mansioni pesanti che si cerca di inserire nell’APE social, le maestre di asilo e di scuole elementari, gli infermieri come quelli delle sale operatorie o dei pronto soccorso, i facchini ed i macchinisti dei treni. Nelle ultime ore anche i dipendenti dei call center rivendicano lo stesso diritto.

Il lavoro che aspetta il Governo è difficile, perché vanno valutate le istanze, attività per attività. Inoltre, con i 6 miliardi stanziati per il triennio, ampliare la platea è difficile se non prevedendo tagli da qualche altra parte.