Prima dell’ultimo summit con i sindacati, il Governoaveva parlato di uno stanziamento massimo di 2 miliardi di euro per il capitolo previdenziale. Di conseguenza, i 6 miliardi di euro ratificati nel verbale redatto durante l'incontro, sono sembrati una cifra ragguardevole. Ragionandoci su però, non sono una cifra che sistema tutto, anzi.

Prima di tutto lo stanziamento non è annuale ma triennale, ovvero i soldi vanno spalmati fino al 2019. Inoltre, tra quattordicesime allargate ed aumentate, ricongiunzioni gratuite, precoci e APE social, la cifra finisce col perdere d'importanza.

La Ragioneria di Stato ha già avvisato il Governo a mettere un freno ai voli pindarici che spingono ad allargare il campo di applicazione delle misure a più soggetti possibili.

Ma allora i soldi bastano o no?

Il Governo, alle prese con PIL, deficit e vincoli europei, quando si parla di soldi ha le mani legate. Come dicevamo, sono 6 i miliardi messi sul piatto per questa mini riforma delle Pensioni. Fonti piuttosto autorevoli riportano che, dei 6 miliardi, solo 1,5 si spenderanno nel 2017, mentre il grosso sarà a copertura di 2018 e 2019. Spostare in là negli anni i problemi è diventata una moda pericolosa.Si ripete il meccanismo delle scorse manovre finanziarie, come per la detonazione delle clausole di salvaguardia che da anni minano gli italiani su IVA e accise, ed occupano spazio e denaro nelle manovre di fine anno.

La platea di beneficiari dell’APE social tende ad ampliarsi perché sono sempre di più coloro che chiedono di essere salvaguardati. Se è vero che vi rientreranno i nuovi lavori usuranti come i marittimi, gli edili e forse le maestre e gli infermieri, la coperta diventa sempre più corta. Il primo effetto di questo ampliamento del campo di soggetti da aiutare, è la diminuzione delle soglie di reddito personale per poter beneficiare dell’APE a costo zero.

Si prevede di scendere dai 1.500 euro di pensione a 1.300, allontanandosi ancora di più dai 1.650 euro di soglia che avevano chiesto i sindacati. La vaghezza con cui il Governo ha presentato l’APE nella versione social è giustificata dalle scarse coperture e dai conti pubblici. Il rischio che la manovra porti lo Stato ad aumentare di un punto percentuale la spesa previdenziale è altissimo.

Non c’è solo l’APE

I soldi stanziati dovrebbero coprire anche l'intervento per iprecoci. Naturalmente non tutti, ma almeno quelli disoccupati, disabili o impiegati in lavori pesanti. Secondo le stime, la platea di questi soggetti è di oltre 2 milioni di persone. Stabilire oggi, con esattezza matematica, quanti lavoratori con 12 mesi di contributi versati - dei 41 anni necessari -prima dei 19 anni, siano nelle condizioni di uscire nel prossimo triennio è difficile. Non si può calcolare se oggi siano disoccupati alle prese con familiari disabili o con altre problematiche tali da fargli lasciare il lavoro con le nuove misure.

Per tutti questi motivi, come per l’APE social, anche per questa mini Quota 41 il Governo è vago.

Il rischio concreto è che i soldi non basteranno, perciò non si esclude di dover limitare gli interventi. Ad esempio, si potrebbero concederei benefici fino ad esaurimento risorse, cioè appannaggio dei primi che ci arrivano. Chi accusa le misure sul tavolo di essere più assistenziali che previdenziali non ha tutti i torti. Sembrano interventi rivolti ad aiutare i bisognosi, ma questa non è previdenza, non c'entra con i contributi versati e con il bisogno di vedersi riconosciuto il meritato riposo dopo anni ed anni di lavoro e sacrificio.

Come se la situazione non fosse già abbastanza ingarbugliata, c’è chi ha paura che, alla costante ricerca di soldi, si possa arrivare a pescare nei fondi per gli esodati o per opzione donna.

Si rischia di vedere destinati a finalità diverse, soldi risparmiati dai precedenti provvedimenti, ma mai utilizzati. Come appare evidente, la partita non è ancora chiusa, anzi, ci saranno ancora giorni di polemiche e discussioni.