Il Decreto Legge 201 del 2011, il famoso Decreto Salva Italia del Governo Monti, che ha inserito nel panorama normativo italiano l’odiata Legge Fornero sulle Pensioni, lasciò una porta aperta all’uscita a 64 anni per molti lavoratori. Si tratta della deroga a quota 96 concessa ai lavoratori dipendenti del settore privato. La misura è tornata al centro dell’attenzione in questi giorni, per via di una nuova Circolare esplicativa dell’INPS, la n° 196 dell’11 novembre 2016.

Come funziona la deroga a quota 96

La pensione in deroga a 64 anni (all’età si applica l’aumento per l’aspettativa di vita, quindi 3 mesi entro il 2015 e 7 mesi dal 2016) è facoltà concessa ai lavoratori di sesso maschile che al 31 dicembre 2012 avevano 35 anni di contributi e 61 di età oppure 36 anni di contributi e 60 di età, cioè la quota 96 di cui tanto si parla.

Abbiamo sottolineato il sesso di questi lavoratori, perché per le donne la misura è diversa, ancora migliore. Infatti per le lavoratrici che, sempre al 31 dicembre 2012 avevano 60 anni di età, possono lasciare il lavoro se alla stessa data avevano solo 20 anni di contributi. Fino ad oggi, la misura era gestita da una circolare dell’INPS uscita subito dopo il decreto, la 35 del 2012 e l’interpretazione della definizione di lavoratore dipendente del settore privato era dall’INPS ridotta a coloro che al 28 dicembre 2011 risultavano essere in continuità lavorativa. In parole povere potevano accedere alla pensione anticipata in deroga alla Fornero, coloro che non avevano perduto il posto di lavoro a quell’epoca o non avevano cambiato lavoro diventando lavoratori del Settore Pubblico o lavoratori autonomi.

La nuova circolare elimina i paletti

È servito del tempo, ma INPS e Ministero del Lavoro oggi hanno messo fine a quella forzatura che rendeva non utilizzabile la deroga ad una grande fetta di lavoratori che al 31 dicembre 2012 aveva comunque maturato la quota 96.

Come recita la circolare INPS n° 196/11 di pochi giorni fa, la continuità lavorativa al 28 dicembre 2011 viene meno. In definitiva, chi ha raggiunto quota 96 a fine 2012 potrà beneficiare della pensione a 64 anni anche se nel frattempo aveva perso il lavoro o cambiato settore, lasciando il privato. L’unico vincolo che rimane è relativo al montante contributivo utile alla misura.

Per chi si trovava in continuità lavorativa, nei 35 o 36 anni di contributi necessari, rientravano tutti i tipi di versamenti. Non è così per i soggetti ai quali le nuove interpretazioni INPS hanno eliminato il paletto della continuità. Per questi soggetti, non sono validi i contributi figurativi, quelli da riscatto, il servizio militare, le maternità, quelli versati da dipendenti pubblici e nelle gestioni dei lavoratori autonomi.

Per esempio, un lavoratore del 1952 che aveva lasciato il lavoro da dipendente con 36 anni di contributi nel 2011 per aprire un negozio, potrà andare in pensione utilizzando solo i 36 anni di versamenti. Gli anni di contribuzione versata nella gestione dei commercianti la potrà utilizzare, chiedendo il supplemento di pensione, quando arriverà a 66 anni e 7 mesi, cioè quando raggiungerà l’età prevista per la pensione di vecchiaia. La pensione in deroga alla Fornero, in definitiva viene estesa a tutti coloro che hanno carriere piuttosto lunghe da dipendenti del settore privato a prescindere se la carriere era andata avanti o meno nel 2013. La facoltà è negata ai lavoratori dipendenti nelle Pubbliche Amministrazioni e quelli autonomi, nonostante qualcuno, interpretando male le novità, faccia capire che l’anticipata sia estesa anche a loro.