La Commissione Bilancio doveva iniziare l’esame degli emendamenti pervenuti a correzione della Legge di Bilancio 2017 oggi 18 novembre. La data di inizio dei lavori è stata posticipata a lunedì, evidentemente perché la marea di emendamenti arrivati necessita di una più approfondita analisi. Le misure inserite tra gli oltre cento articoli di cui consta la nuova manovra finanziaria, spaziano in diversi settori e interessano una vasta platea di italiani. Tra i più sentiti ed importanti, sicuramente il pacchetto Pensioni e le nuove misure rivolte alla flessibilità in uscita e a detonare le asprezze della Legge Fornero.

Due novità importanti sono l’APE e la Quota 41, la prima che consente di andare prima in pensione di vecchiaia (legata soprattutto all’età), l’altra invece che consente di arrivare prima alla pensione anticipata (quella basata su un alto numero di contributi).

Disoccupati agevolati?

Le novità però piacciono poco perché sono state fatte badando alle casse dello Stato, con un indirizzo nemmeno troppo celato rivolto al risparmio. Ecco perché tra le righe dei due provvedimenti, si nota la ricerca costante di mettere paletti e fissare requisiti che riducano la platea dei possibili beneficiari dell’anticipo. Va esclusa dall’analisi l’APE volontaria, che risponde davvero alle esigenze di flessibilità del mondo pensionistico, ma che è totalmente a spese del pensionato che dopo l’anticipo dovrà restituire i soldi alla banca finanziatrice dell’anticipo.

L’Ape volontaria al Governo costa poco o niente e quindi è rimasta così come era nata, consentendo l’anticipo a 63 anni con 20 anni di contributi. L’APE social invece, che sarebbe la versione per soggetti disagiati o alle prese con lavori gravosi, è gratuita, cioè consente davvero di lasciare il lavoro prima senza rimetterci parte di pensione futura.

Il Governo però ha pensato di aumentare da 20 a 30 anni i contributi necessari per disoccupati, invalidi o con familiari invalidi a carico e addirittura a 36 anni per soggetti alle prese con attività gravose.

Non tutti i disoccupati saranno trattati allo stesso modo

Anche la quota 41, cioè uscire dal lavoro senza limiti anagrafici e senza penalità con 41 anni di contributi è appannaggio delle stesse categorie citate per l’APE social.

In questo caso il paletto è che dei 41 anni di versamenti, 12 mesi devono essere versati prima di aver compiuto 19 anni. Nel segno della riduzione di platea anche i paletti specifici per disoccupati. Infatti non tutti quelli che hanno perso il lavoro saranno ammessi all’Ape social o a quota 41, ma solo quelli che lo hanno perso involontariamente. Questo requisito o fattore utile all’ingresso nella misura è identico a quello degli ammortizzatori sociali come la Naspi, il sussidio INPS per disoccupati. In parole povere, dimettersi non darebbe diritto all’APE social. Non è ancora chiaro se la definizione di dimissioni per giusta causa, sarà applicata anche alle pensioni. Le dimissioni per giusta causa le dà un dipendente che si trova a subire il mancato pagamento degli stipendi, condizioni di lavoro insostenibili e qualsiasi altro motivo che l’Ufficio Territoriale del Lavoro di competenza, ritiene essere valido ai fini della volontà del soggetto di lasciare il lavoro.

In questo caso per esempio, la Naspi viene erogata al dimissionario, mentre per l’APE, questo è da chiarire. Per percepire l’APE light, ma anche per la cugina quota 41, il soggetto richiedente deve aver perso il lavoro e soprattutto deve aver terminato di percepire gli ammortizzatori sociali come la Naspi o la mobilità, almeno tre mesi prima della presentazione della domanda di pensione.