Dopo gli emendamenti depositati in Commissione Bilancio, per la manovrina chiesta da Bruxelles al nostro Governo, inizia la fase parlamentare, cioè le votazioni. Gli emendamenti, che sono pervenuti da tutti i Gruppi in Parlamento, adesso devono passare alla votazione delle Camere. La manovra bis, come viene comunemente chiamata, rischia di diventare una vera e propria, nuova, manovra finanziaria. Questo perché sono tanti i temi che hanno bisogno di un ritocco e le pensioni rientrano tra questi. L’ultima Legge di Bilancio ha previsto un pacchetto previdenziale ben specifico, che ha portato alla nascita di due nuove misure, ape e Quota 41.

Proprio su queste due novità pensionistiche, alcuni emendamenti alla manovra bis, sono molto importanti e molto attesi.

I punti lasciati in sospeso

La Legge di Bilancio approvata a fine 2016 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2017, ha subito una accelerata per via della crisi dell’allora Governo Renzi. Dopo la sua approvazione alla Camera, il testo sarebbe dovuto passare in Senato, per la seconda lettura e per la valutazione degli inevitabili emendamenti che sarebbero piovuti a Palazzo Madama. Come dicevamo, l’esito del referendum costituzionale e le conseguenti dimissioni del Premier Renzi, causarono l’approvazione della manovra senza la discussione in Senato. In pratica, il testo arrivò a Palazzo Madama, bloccato, senza possibilità di essere corretto.

La materia pensioni, probabilmente è stata quella più penalizzata da questa crisi, perché molteplici erano i temi che riguardavano Ape e quota 41 che sarebbero dovuti essere affrontati in Senato. Per questo motivo, adesso che si torna a parlare di manovra, con quella che Bruxelles ha chiesto all’Italia, i temi caldi della previdenza, tornano a far discutere.

Estensione di platea per Ape e quota 41 e ritocchi del pacchetto normativo delle due novità, fanno capolino in molti degli emendamenti presentati per la manovra bis.

Cosa potrebbe cambiare?

Esistono 11 categorie di lavoratori impegnati in lavori particolarmente gravosi, questo quanto stabilito in Legge di bilancio. Le 11 categorie, che vanno dalle maestre di asilo, agli edili, passando per infermieri delle sale operatorie e camionisti, tanto per citarne qualcuna, hanno diritto a lasciare il lavoro con l’Ape sociale e con quota 41.

Con la versione agevolata di Anticipo Pensionistico, quella il cui costo è completamente a carico dello Stato, questi soggetti, potranno lasciare il lavoro maturando 36 anni di contributi e 63 anni di età, a partire dallo scorso 1° maggio. Proprio sul requisito contributivo, le proposte mirano a ridurlo a 30 anni come per le altre categorie che rientrano nell’Ape sociale, cioè disoccupati, invalidi o con invalidi a carico. Altre proposte invece, mirano a ridurli almeno a 35, equiparando la contribuzione necessari per i lavori gravosi, a quella sufficiente per i lavori usuranti, per lo scivolo Fornero e per opzione donna. Un emendamento che cercava di correggere la continuità lavorativa richiesta, sempre per i lavori gravosi, non è stato approvato in Commissione.

Pertanto, resta in piedi il vincolo di accesso di 6 anni di lavoro, negli ultimi 7 prima di presentare domanda. Sempre in tema di Ape e quota 41, in Parlamento andranno valutate le proposte che mirano ad estendere le due misure ad alcune fattispecie di disoccupati che rischiano di rimanere tagliati fuori. Si tratta dei disoccupati provenienti da perdita di lavoro per fine contratto e non per licenziamento. Oppure quelli che, pur avendo perduto il lavoro e che risultano disoccupati, non hanno avuto i requisiti per percepire la Naspi. Nel testo di Ape e quota 41, in relazione alla categoria dei disoccupati, si legge infatti che tale possibilità è garantita solo a coloro che da tre mesi hanno terminato di percepire la Naspi.

In pratica, chi non ha fruito della Naspi, ad oggi non potrebbe fruire di Ape sociale o quota 41, venendo penalizzati due volte. Infine, per i dipendenti agricoli, che normalmente percepiscono la disoccupazione, l’anno successivo alla perdita del lavoro, esiste il rischio che anche Le due vie di pensione anticipata, vengano spostate all’anno successivo, sempre per via dei 3 mesi dalla scadenza dell’ultimo assegno epr disoccupati percepito.