Oggi 28 agosto l’Aran ed i sindacati torneranno ad incontrarsi per la questione del rinnovo del contratto dei lavoratori statali. La storia è vecchia, con un rinnovo che manca da 8 anni e con una sentenza della Corte Costituzionale che ha tacciato di illegittimità il blocco della perequazione degli stipendi pubblici voluto dalla Fornero. La partita riparte dalla bozza di intesa sottoscritta da Governo e sindacati lo scorso novembre e dall’atto di indirizzo con il quale il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, ha incaricato l’Aran di proseguire la trattativa.

Le ultime notizie però non sono positive circa la buona riuscita della stessa, con i sindacati che minacciano di fare muro e di far diventare la questione, un autentico braccio di ferro. Ecco il punto della situazione e quali sono le posizioni in campo.

Cifre e dotazioni del Governo

Ritornando indietro nel tempo, la Corte Costituzionale ha sancito che il blocco della perequazione voluto dalla Fornero per i lavoratori pubblici, era contrario ai principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. La sentenza non ha prodotto effetti retroattivi per gli stipendi fermi da 8 anni, perché per quanto perduto dai lavoratori, il Governo non dovrà sborsare arretrati. Resta però l’obbligo di provvedere allo sblocco del contratto, cioè ad aumentare gli stipendi dopo molti anni di attesa.

La sentenza del 2015 non è stata ancora esaudita, perché il rinnovo del contratto è passato in secondo piano rispetto alla riforma della Pubblica Amministrazione che la Madia finalmente ha portato in porto. Adesso, però, nessuna scusa può essere messa davanti al mancato adeguamento degli stipendi al tasso di inflazione. La trattativa che riprenderà oggi ha un problema serio per quanto riguarda le cifre.

Infatti, secondo i sindacati, l’aumento da 85 euro che era stato ratificato nella bozza di intesa del novembre 2016, anche se medio e lordo come voluto dal Governo, avrebbe bisogno di una dotazione tra i 4 ed i 5 miliardi di euro. I soldi messi a disposizione dal Ministero dell’Economia però sono 1,2 miliardi circa e la differenza è abissale.

Questo quanto sarà messo a bilancio nel Def, il Documento di Economia e Finanze che verrà presentato a settembre. Inoltre, c'è da trovare la soluzione al rischio concreto che per via di questi aumenti di stipendio, a molti lavoratori venga fatto perdere il bonus Renzi da 80 euro al mese.

Il muro dei sindacati

Sulle cifre difficile trovare un accordo, perché è evidente la disparità tra quanto necessario e quanto disponibile. Se a questo aggiungiamo che ancora oggi, il Ministro Madia continua a dire che il rinnovo scatterà per fine anno, con poco più di 60 giorni di tempo (dal 20 settembre per l’uscita del Def a fine anno per la Legge di Bilancio), parti sociali ed Aran devono trovare la quadra.

Ipotizzare che tutto sarà spostato al 2018 è ipotesi assai fondata, anche perché nella Legge di Bilancio di fine anno sembra che il Governo abbia intenzione di concentrarsi quasi esclusivamente sul rilancio occupazionale dei giovani, lasciando da parte le altre urgenze. I sindacati non ci stanno e minacciano mobilitazioni e lotte. L’Anief (sigla del Comparto Scuola), per esempio, sottolinea l’assoluta mancanza di certezze e risposte, a partire dalla parità di trattamento tra personale di ruolo e precari o dalla rivisitazione degli stipendi per il personale tecnico amministrativo, gli Ata. Sul tavolo odierno troverà spazio anche la stabilizzazione dei precari, con il settore pubblico che dovrebbe allinearsi al privato secondo le direttive europee.

Quindi, contratti a termine non superiori al 20% del fabbisogno di organico dell’Ente Pubblico, durata di 36 mesi non prorogabile e pausa tra i 10 ed i 20 giorni tra un rinnovo e l’altro. Insomma, carne a cuocere in quantità industriali e immaginare la bagarre non è esercizio di sola fantasia.