Dopo la consueta pausa estiva, tra le prime urgenze del Governo risulta esserci il prosieguo della riforma previdenziale che dovrebbe trovare spazio nella prossima manovra di Bilancio. Esecutivo e sindacati torneranno ad incontrarsi a fine agosto per dare seguito ai lavori sulle pensioni. Ripartirà la discussione sulla fase 2, con la pensione per i giovani, la flessibilità e l’aspettativa di vita. Come successo lo scorso anno di questi tempi, quando si parlava di Ape e precoci, anche quest’anno, le notizie o proposte in materia pensionistica si susseguono incessantemente.

Rispetto all’anno scorso però, i tempi per una vera riforma sembrano maturi, soprattutto perché ci si potrebbe trovare a cavallo della campagna elettorale per l’elezione del nuovo Governo. Come succede spesso in Italia, il periodo della campagna elettorale è quello ideale per i cambiamenti normativi su aspetti della vita che interessano molti cittadini.

I punti della discussione

Come dicevamo, dopo le vacanze si ripartirà a parlare di fase 2. La pensione minima garantita per i giovani di oggi è sempre al primo posto della discussione. I trentenni di oggi e futuri pensionati domani, sono una categoria che il Governo vuole tutelare. Difficoltà a trovare lavoro e lavoro precario rendono il futuro di questi soggetti molto buio.

I giovani si troveranno con pochi versamenti di contributi che renderanno difficile centrare la pensione in futuro, oppure consentiranno di percepirne una esigua. Ecco perché l’idea è inserire una pensione di garanzia intorno alle 600 euro al mese, a partire da 20 anni di contributi. Altro problema che terrà impegnato il tavolo della discussione è quello relativo all’aspettativa di vita che rischia di far scattare la pensione a 67 anni dal 2019.

Insostenibile la cancellazione di quel meccanismo che in base all’età media di vita degli italiani, fa aumentare l’età minima di accesso alla pensione. Questo quanto dichiarato da Boeri e quanto affermato dalla ragioneria di Stato, perché metterebbe a rischio la stabilità dell’Inps e del sistema previdenziale. Per i sindacati invece, lo scatto è insostenibile per i lavoratori, che si troverebbero a vedersi allontanare la data di uscita dal lavoro, per l’ennesima volta.

Un altro tema caldo sarà la richiesta di flessibilità del sistema pensionistico, che nonostante l’ingresso in scena di Ape e quota 41, non sembra aver raggiunto lo scopo.

E si torna alla proposta Damiano

La previdenza italiana, quindi, torna ad essere in una fase delicata e di cambiamento. Nelle ultime giornate sono tornate in voga alcune vecchie proposte, prima tra tutte quella di quota 100 che era inserita nel DDL 857 di Damiano. Potrebbe essere una risposta all’esigenza di flessibilità consentire, come farebbe quota 100, la pensione con 35 o 36 anni di contributi ed una età anagrafica di 62 anni. Proprio queste formule, collegate sempre alle frazioni di anno tipiche del sistema quota, sono in sintesi quanto proposto da Damiano nel suo DDL. Diversi organi di stampa hanno sottolineato come anche i sindacati abbiano sposato la proposta e appare ipotizzabile che se ne parli nel prossimo summit.

Anche la Lega ha una sua quota 100, che prevede l’uscita a partire dai 58 anni. Una proposta migliore da parte della Lega che mette in luce il fatto che quota 100 come proposta da Damiano non sia una panacea assoluta.

Ai precoci, quelli che rivendicano una quota 41 vera, cioè valida per tutti, a poco servirebbe una pensione che permetta di lasciare il lavoro a 62. Ecco perché a quota 41 si è soliti accostare una pensione con 40 anni di contributi, misura anche questa che fa parte integrante del DDL 857. In definitiva, ok a quota 100 perché come ribadito dai sindacati, renderebbe davvero più flessibili le pensioni, ma per lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni e che si trovano con molti anni di contributi, aspettare i 62 anni di età sembra eccessivo. ecco perché ritornare alla pensione di anzianità, cancellata dalla Fornero potrebbe essere una soluzione da richiamare nell'incontro.