Durissimo sfogo di Lucia Rispoli, amministratrice del Movimento Opzione Donna, sulla paventata valorizzazione dei lavori di cura come unica concessione in materia previdenziale alle lavoratrici, anziché la proroga di Opzione Donna. Le ultimissime notizie sulle pensioni aggiornate ad oggi 9 ottobre hanno per oggetto le critiche mosse dalla Rispoli dopo aver letto l'approfondimento del Fatto Quotidiano sul tema donne - lavoro. Il rischio che si vuole scongiurare è la promozione di una nuova pensione anticipata per le donne, e la contemporanea esclusione del regime sperimentale che consentirebbe alle lavoratrici di uscire dal mondo del lavoro dopo 35 anni di contributi.

Opzione Donna sì, lavori di cura no

Il problema dei lavori di cura in contrapposizione con la proroga di Opzione Donna al 2018 è sorto quando dal governo è stata ventilata l'ipotesi del varo di Ape donna, una nuova forma di prepensionamento per le donne che ricalca da vicino l'Ape social entrato in vigore lo scorso mese di luglio. Nelle intenzioni dell'esecutivo, secondo le indiscrezioni riportate di recente, c'è il riconoscimento dei lavori di cura. In che modo? Attraverso un bonus contributivo di 6 mesi per ciascun figlio partorito o adottato, fino ad un massimo di 2 anni contributivi di sconto.

L'eventuale approdo di Ape donna comporterebbe con ogni probabilità la rinuncia al protocollo Opzione Donna.

Da qui le proteste delle lavoratrici, l'ultima in ordine cronologico di Lucia Rispoli, che rappresenta l'intero Movimento Opzione Donna. Lo sfogo odierno dell'amministratrice ha alla base i dati pubblicati da Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Secondo i recenti dati, in Italia il 78% delle richieste di dimissioni appartengono a lavoratrici madri.

Nel solo 2016, il numero di dimissioni ha raggiunto una cifra superiore alle 35 mila unità.

La causa è da ricercarsi nella difficile conciliazione fra lavoro e vita famigliare. Da qui l'analisi di Lucia Rispoli, secondo la quale non ha senso l'istituzione di una forma di pensione basata sulla maternità se in Italia le donne rinunciano a fare figli e lasciano il posto di lavoro per l'impossibilità di conciliare le ore di lavoro con quelle richieste a casa per "curare" la famiglia, inclusi figli, mariti e genitori.

Anche per questo motivo dunque l'unica soluzione valida sembra essere quella delle proroga di Opzione Donna.

Sì dunque alla libertà per le donne di decidere quando uscire dal mondo del lavoro dopo aver totalizzato 35 anni di contributi, limite contributivo individuato dal regime sperimentale Opzione Donna. L'amministratrice del gruppo citato qui sopra ha inoltre ricordato l'importanza di partecipare alla protesta indetta dai sindacati per la giornata del 14 ottobre (sabato ndr), quando Cgil Cisl e Uil difenderanno le loro proposte in materia previdenziale, fra cui compare anche la "verifica della consistenza delle risorse di Opzione Donna".