Nelle ultime ore ha destato molto scalpore la sentenza che riguarda foodora. Il tribunale di Torino ha respinto un ricorso presentato proprio dai dipendenti di Foodora che considera questi ultimi come lavoratori autonomi e non come dipendenti. Le polemiche non sono certamente mancate e molti si sono ribellati ad una sentenza considerata in realtà ingiusta.

I dettagli

Foodora è un impresa di origine tedesca che si occupa di consegnare il cibo ordinato a domicilio. Nel 2016 la stessa azienda si era piazzata 'nell'occhio del ciclone' quando alcuni dipendenti hanno intrapreso le prime proteste per dei salari troppo bassi.

I lavoratori in bici di Foodora a Torino avevano recentemente avviato una manifestazione in segno di protesta nella piazza di Torino per via degli stipendi reputati troppo bassi. Dopo quell'episodio l'azienda aveva deciso di sospendere tutti i lavoratori in bici che avevano presenziato alla protesta. Bisogna precisare che durante la manifestazione si erano riversati anche alcuni avvocati dei dipendenti, i quali hanno accusato l'azienda di non applicare alcuna tutela per i propri lavoratori. Il tribunale di Torino ha però decretato che coloro che collaborano con l'azienda sono dei lavoratori autonomi e dunque non legati da un rapporto di lavoro dipendente che dovrebbe essere per legge tutelato dalla stessa azienda.

Tutti gli avvocati delle persone licenziate per via della manifestazione avevano richiesto per i loro assistiti il rientro al lavoro ed un risarcimento che si concreta in 20 mila euro. Per i giudici di Torino però, tale richiesta non ha motivo di esistere dato che secondo il tribunale si tratterebbe di lavoro autonomo e non subordinato.

Sentenza considerata ingiusta per molti

La sentenza ha dato da ridire sia ai diretti interessati che a tanti altri lavoratori dipendenti. Secondo molti, questo tipo di decisione dei giudici favorirebbe il lavoro non tutelato, facendo diventare un miraggio un contratto lavorativo anche part-time. La preoccupazione principale è che molte aziende potrebbero avvalersi di questo tipo di modello e dunque creare grande scompiglio nella categoria dei lavoratori.

Tutti dovrebbero, infatti, avere diritto alle garanzie che un contratto aziendale può dare per vivere dignitosamente. In un Paese come l'Italia dove i tassi di disoccupazione sono molto elevati, bisognerebbe, forse, favorire le professioni continuative che possano assicurare un punto fermo per i cittadini.