Le nuove misure su cui il Governo sta lavorando per riformare il nostro sistema pensionistico non sono ancora partite. Siamo ancora nella fase della preparazione e quindi siamo solo alla fase delle ipotesi. Iniziano però a trapelare i primi numeri su quante persone potranno sfruttare le novità previdenziali in cantiere. La misura che sembra avere più possibilità di una repentina nascita è sempre quota 100. È la pensione con somma di età e contributi quella che potrebbe davvero entrare nella prima manovra finanziaria del nuovo Governo, quella che si inizierà a varare da ottobre.

Dalle notizie e dalle indiscrezioni che circolano, si può già valutare quante persone potranno sfruttare la novità previdenziale e quindi, quale sarebbe il costo dell’operazione per il Governo. Una misura che sembra molto onerosa dal punto di vista della spesa pubblica, ben oltre i 5 miliardi che secondo i proponenti servirebbero per finanziarla. E allora si inizia a correre ai ripari, a trovare paletti, vincoli e interventi rivolti ad abbassarne il costo. Età minima di uscita, requisiti particolari e adesso anche un incentivo a non utilizzare la misura, restando al lavoro, queste alcune soluzioni al vaglio dell’Esecutivo.

Il superbonus

Dalla Lega fanno sapere, attraverso il presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla, di pensare a rispolverare un vecchio provvedimento su cui lavorava l’ex Ministro Maroni ai tempi dei Governi di Centrodestra.

Si tratta di un superbonus, un incentivo per chi rimane al lavoro nonostante abbia raggiunto la quota 100 e quindi la possibilità di andare in pensione. In pratica, si offrirebbe un vantaggio a chi resta in attività anche successivamente al giorno in cui completa la quota di uscita prevista dalla novità. Più nello specifico, si andrebbe a concedere un incentivo in busta paga ai lavoratori, di importo uguale ai contributi previdenziali che vanno versati durante la permanenza al lavoro.

Un importo aggiuntivo in busta paga pari ad almeno il 30% in più di stipendio che secondo la Lega potrebbe incentivare molti lavoratori a posticipare l’uscita dal mondo del lavoro.

I numeri

Per il prossimo biennio solo per quota 100 potrebbero andare in pensione prima quasi 2 milioni di lavoratori. Sarebbero 750.000 per il 2019 e un milione l’anno successivo e sono numeri che sconvolgerebbero il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati con un grave impatto sulle casse dello Stato.

Tito Boeri, presidente dell’Inps, nella relazione annuale sui conti della previdenza presentata alla Camera ha messo in chiaro i numeri che produrrebbe la riforma con le misure di cui tanto si parla in queste ultime settimane. Servono almeno 11 miliardi solo per finanziare la quota 100 con l’età minima fissata a 64 anni. Cifre che lieviterebbero negli anni successivi se davvero venisse varata anche quota 41. Numeri insostenibili o quasi nonostante quota 100, rispetto al progetto iniziale sia cambiata di molto. Sempre Boeri infatti ha sottolineato come la quota 100 per tutti, a partire dai 60 anni di età, quella di cui Salvini parlava in campagna elettorale, a regime costa quasi 20 miliardi annui di spesa pubblica.