Quota 100 già nella legge di bilancio di fine anno è il ritornello quotidiano relativo ai provvedimenti previdenziali cui sta lavorando il Governo. Infatti è proprio quota 100 la misura su cui il governo punta per iniziare a riformare il sistema e cancellare o superare la legge Fornero. Quota 100 probabilmente sarà solo il primo step di una operazione che secondo l’esecutivo è da farsi nell’arco della legislatura. Impossibile fare tutto e subito viste le ristrettezze economiche dello Stato. Ed è così che quota 100 nascerà limitata come platea di beneficiari, non essendo possibile mantenere la promessa di liberare tutti coloro che sommando età e contributi versati, raggiungevano la fatidica quota.

Troppo oneroso mantenere l’impegno della campagna elettorale e del contratto di governo, con l’esecutivo che deve destinare gran parte dei soldi della manovra allo stop del paventato aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. Pertanto, quota 100 deve necessariamente prevedere alcuni paletti e vincoli. Per le questioni di copertura inoltre, probabile che l’esecutivo tagli da qualche altra parte, probabilmente sacrificando in tutto o in parte l’Ape sociale. Proprio sull’anticipo pensionistico sociale la UIL chiede spiegazioni contestando il fatto che cancellando la misura in favore della quota 100, le categorie più deboli di lavoratori verrebbero penalizzate dalle novità.

L’allarme del sindacato

Secondo il sindacato UIL, l’Ape sociale, con tutte le limitazioni e le problematiche che ne hanno accompagnato il varo e l’avvio, risulta una conquista dal punto di vista della flessibilità in uscita per tutto il sistema. Secondo l’importante sigla sindacale, un passo indietro sull’Ape sociale comporterebbe una forte penalizzazione a carico dei lavoratori delle fasce meno agiate dello stivale.

Una cosa che oggi appare certa è che l’Ape sociale non verrà rinnovato nel 2019. La misura infatti va in scadenza a fine 2018 e sempre per i problemi di copertura finanziaria e di recupero delle dotazioni per finanziare la quota 100, difficilmente verrà prorogata oltre la prevista scadenza. Senza l’anticipo pensionistico, invalidi, disoccupati, caregivers e soggetti alle prese con attività di lavoro gravoso, non potranno sfruttare il vantaggio dell’uscita a 63 anni prevista dalla misura.

Le differenze tra le due misure

Come funziona quota 100 e come funziona l'Ape sociale? Che differenze ci sono tra le due misure? Con quota 100 si passerebbe ad una età minima di uscita di 64 anni, un anno più tardi dell'Ape sociale. Per di più, quest'ultima prevede oltre ai 63 anni di età compiuti, 30 anni di contributi versati per invalidi, per chi assiste un invalido o per i disoccupati. Si esce dal lavoro con una sorta di “quota 93” che diventa quota 99 per i lavori gravosi ai quali sono richiesti 36 anni di contributi versati. Con quota 100, se davvero passasse la linea di Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali, a cui la Lega spesso si è affidata per le politiche previdenziali del partito, si andrebbe in pensione con 64 anni di età e 36 di contributi, o in alternativa con 65 e 35 o con 66 e 34.

Tutte combinazioni che evidentemente segnerebbero un peggioramento per le categorie che rientrano nel campo di applicazione dell’Ape agevolata.

Nello specifico, un passo indietro per maestre di asilo, infermieri delle sale operatorie, facchini, agricoli ed edili, tanto per citare alcune delle categorie di lavoratori alle prese con mansioni considerate come gravose. Su braccianti agricoli e lavoratori edili poi, ci sarebbe l'altra forte penalizzazione relativa alla contribuzione figurativa utilizzabile per la quota 100. Se davvero periodi di disoccupazioni, casse integrazioni ed altri ammortizzatori sociali venissero limitati a solo due anni utilizzabili per il requisito contributivo di quota 100 (si tratta di un paletto previsto dalle ultime ipotesi sulla misura), difficilmente queste categorie di lavoratori potranno centrare la pensione con la nuova misura.