Non tutte le pensioni nel prossimo futuro potrebbero essere più adeguate al costo della vita. La cosiddetta perequazione all'inflazione infatti potrebbe essere bloccata da parte del Governo per tutti quegli assegni pensionistici dai 2500 euro in su. Di conseguenza, il potere d'acquisto di queste Pensioni non sarebbe più garantito.

Fine del regime transitorio

A partire dal 1 gennaio 2019 terminerà il periodo di transizione stabilito dalla tanto avversata Legge Fornero. La Legge Fornero aveva introdotto delle regole più penalizzanti proprio dal punto di vista della perequazione.

Questo significherebbe, in pratica, che si tornerebbe alle disposizioni legislative pre-vigenti contenute nella Legge 388/2000. Questo dovrebbe portare ad un leggero aumento delle pensioni.

Il funzionamento del meccanismo

Entrando nel dettaglio del funzionamento della perequazione, per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo la rivalutazione al costo della vita sarà inizialmente pari al 100% dell'aumento programmato dell'inflazione. Ma, successivamente, questa rivalutazione dovrebbe essere ridotta al 90% in particolare per quei trattamenti pensionistici di importo compreso tra le tre e le cinque volte il trattamento minimo. Mentre per le pensioni di importo superiore alle 5 volte il trattamento minimo la percentuale di rivalutazione sarà solamente del 75%.

I probabili effetti delle modifiche volute dal Governo

Il ritorno alla precedente normativa dovrebbe portare dei vantaggi immediati alle pensioni di importo più elevato che sono quelle che sono state maggiormente penalizzate dalla Legge Fornero. Questo, però, significa che la spesa previdenziale a carico dello Stato dovrebbe aumentare.

Proprio per evitare questo tipo di conseguenze il Governo vorrebbe introdurre un blocco della rivalutazione per gli assegni di importo superiore ai 2500 euro.

Questo blocco della perequazione va ad aggiungersi al famoso taglio delle pensioni d'oro. Cioè quelle pensioni dai 4500 euro di importo netto in su. Per completezza di informazione ricordiamo che il taglio proposto dalla maggioranza M5S-Lega dovrebbe essere pari al 2% del valore dell'assegno per ogni anno di uscita anticipata dal lavoro rispetto ad un livello di età scelto convenzionalmente.

Questo livello di età sarebbe stato fissato a 67 anni. Si tratta dell'età per la pensione di vecchiaia che dovrebbe andare in vigore dal 2019 in base all'aspettativa di vita. Successivamente tale età sarà proporzionata all'andamento demografico rilevato.

Con il combinato disposto del blocco della rivalutazione degli assegni dai 2500 euro e con il taglio delle pensioni d'oro da 4500 euro netti in su, il Governo ritiene di poter ricavare almeno 1 miliardo di euro in tre anni. Quindi circa 300 milioni di euro all'anno. Lo scopo finale è finanziare ulteriormente la riforma previdenziale che dovrebbe entrare in vigore dal prossimo anno.Anche se, come ha messo in risalto il quotidiano romano "Il Messaggero", probabilmente il blocco della rivalutazione non scatterà immediatamente ma negli anni successivi della legislatura in corso. Secondo quanto pubblica sempre il quotidiano romano dovrebbe partire dal 2021.