Dopo il Def la quota 100 sembra avvicinarsi sempre di più. Anche il Ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sembra aver assecondato le idee dei due Vice premier Salvini e Di Maio che con quota 100 prevedono di iniziare a smontare la legge Fornero come da anni promettono. Nella nota di aggiornamento del Def però, non ci sono accenni sul funzionamento della misura, che adesso deve essere approntata e preparata per la legge di Bilancio. I problemi, nonostante M5S e Lega abbiano spuntato il 2,4% del deficit, restano quelli delle coperture. La quota 100, come riportano tutti i più importanti quotidiani nazionali, come “Il Messaggero”, resta una misura piuttosto costosa, soprattutto per come si ipotizzava nascesse nelle ultime settimane.

Le ipotesi e le combinazioni che permettono di lasciare il lavoro con la nuova misura, continuano ad essere tante e largamente dibattute. Fissare una determinata soglia di età o di contributi da versare è necessario. Ed è proprio su questi aspetti che si gioca gran parte della partita relativa alla quota 100. Come funzionerà la misura? Quanti contributi sono necessari per la quota 100? A che età si potrà lasciare il lavoro? Queste le domande che molti lavoratori si fanno al fine di verificare per loro, la reale bontà del nuovo provvedimento.

Misura molto selettiva

Fin da quando si è iniziato il discorso politico di quota 100, cioè a governo nato, sulla misura è apparso evidente l’obiettivo dell’esecutivo di tagliare quanto più possibile i potenziali aventi diritto.

Un “giochetto” che fu fatto per esempio, anche per Ape sociale e quota 41 per precoci. Si vara una misura, ma per ridurre l’impatto della stessa sui conti statali, si cercano limitazioni, vincoli e paletti atti a restringere il campo di applicazione della misura stessa. L’età anagrafica minima e utile per la quota 100 dovrebbe essere 62 anni.

Sembra tramontata l’idea di quota 100 a partire da 64 anni con 36 di contributi. Adesso si valutano con attenzione i contributi necessari da completare per l’accesso alla pensione.

Come riporta il quotidiano romano Il Messaggero, resta valida l’ipotesi di 62 anni di età con 38 di contributi, ma proprio i 38 anni di versamenti previdenziali potrebbero essere quelli minimi per accedere all’uscita anticipata.

La quota 100 pertanto resterebbe tale solo per il sessantaduenne con 38 anni di contributi. Per chi ha 63 anni di età, essendo necessario racimolare quell’alto numero di contribuzione previdenziale, la pensione si centrerebbe con quota 101, che diventerebbe 102 per chi ha 64 anni, 103 per il sessantacinquenne e così via. Una misura molto selettiva, ma che potrebbe finire con l’avvantaggiare diversi lavoratori precoci. In pratica, quota 100 potrebbe collocarsi più vicino ad una pensione di anzianità che ad una di vecchiaia, perché quest’ultima prevede un numero di anni di lavoro coperti da contribuzione, nettamente minori di quanto sembra stia pensando il governo.

Penalizzazioni e aspettativa di vita

Se molti corrono il rischio di restare delusi dalla piega che sta prendendo quota 100, perché con 64 anni e 36 di contributi per esempio, la pensione resta lontana almeno due anni (c’è da arrivare a 38 anni di lavoro se non a 67 anni di età per la pensione di vecchiaia), alcune buone notizie sembrano comunque trapelare dalle stanze del dossier previdenziale. Le paventate penalizzazioni in termini di assegno previdenziale da incassare una volta centrata la pensione con la quota 100, potrebbero non essere applicate. I neo pensionati potrebbero non vedersi decurtare il proprio assegno pensionistico dell’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 previsti dalla pensione di vecchiaia versione 2019.

Resterebbe da fare i conti solo con la penalizzazione di assegno derivante dal ricalcolo contributivo della pensione. Inoltre, sembra che il governo stia valutando l’idea di andare a cancellare l’adeguamento dei requisiti di accesso alle Pensioni, con l’aspettativa di vita. Si tratterebbe, sempre come riporta un articolo del quotidiano “Il Messaggero”, di un ritorno anche per il 2019, alla pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi (nel 2019 si salirà a 67) o a quella anticipata con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne (anche in questo caso nel 2019 le soglie saliranno di 5 mesi).