Superare la riforma Fornero che tiene in ostaggio (usando un termine che lui utilizza spesso) gli italiani è possibile, lo afferma Salvini. Quota 100 serve proprio a questo, a consentire a molti lavoratori di non dover per forza raggiungere i requisiti e le soglie di accesso alle Pensioni, che proprio la Fornero ha reso più pesanti. Secondo il Ministro dell’Interno la misura non prevede penalizzazioni di sorta sugli assegni. Infatti la misura nasce senza tagli specifici, né per ricalcoli contributivi della pensione né tantomeno per riduzioni a scalare in base all’entità dell’anticipo.

È altrettanto vero però, che andare in pensione prima, significa percepire gli assegni per più tempo (salute dei beneficiari permettendo). Ed ecco che anche senza interventi normativi di taglio, le pensioni con la ormai famosa quota 100 saranno inevitabilmente più basse, come spiegato da una relazione tecnica dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio in audizione al Senato e come riporta anche il quotidiano “Il Sole 24 Ore”. Per molti il taglio potrebbe assumere i contorni di un autentico salasso, arrivando a sfiorare il 35%. Chi saranno i più penalizzati dalla quota 100? Alla domanda vari studi e simulazioni cercano di dare risposta, sempre in base alla bozza della misura in attesa che diventi definitiva con il varo del suo decreto.

Pensione più leggera ma percepita prima

Secondo il quotidiano, con la quota 100 le pensioni saranno erogate prima, ma saranno più leggere.

In pratica, anticipare la quiescenza ed in qualche modo superare la riforma Fornero dal 2019 sarà possibile grazie a questo nuovo strumento previdenziale, ma non senza costi per i neo pensionati. Fino ad oggi le simulazioni erano di giornali e siti, anche rispettabili e importanti, ma senza i crismi dell’istituzionalità. Adesso invece arriva una simulazione con tanto di relazione tecnica da parte dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che dà forza alle presunte riduzioni di assegno con quota 100.

Un taglio derivante dal minor numero di contribuiti versati e dagli sfavorevoli coefficienti di trasformazione che verranno applicati al calcolo delle pensioni in regime di quota 100. Secondo le simulazioni, bisognerà fare i conti con una riduzione compresa nella forbice tra il 5,6 ed il 34,7%. Tanto prima si lascia il lavoro tanto più sarà penalizzato l’assegno che si percepirà.

Dato che quota 100 prevede una uscita con doppio vincolo, cioè a partire dai 62 anni ed a partire dai 38 anni di contribuzione versata, i più penalizzati saranno quelli che andranno in pensione 5 anni prima. I soggetti che centreranno la quota 100 ed opteranno per lasciare il lavoro subiranno un taglio prossimo al 35%, cioè più di un terzo di pensione perduta rispetto a quanto avrebbero percepito a legislazione previdenziale invariata, cioè aspettando di raggiungere i requisiti imposti dalla Fornero.

Un autentico salasso

La misura per molti è a rischio flop, perché con questi tagli e con il fatto che la misura è opzionale (lasciata alla libera scelta dei lavoratori che possono anche decidere di restare al lavoro senza sfruttarla), molti dei possibili destinatari dell’anticipo, potrebbero lasciar perdere.

Il calcolo della convenienza di quota 100 infatti, potrebbe persuadere molti dei circa 440mila lavoratori che dovrebbero centrare i requisiti per quota 100 nel 2019, ad aspettare ancora restando al lavoro. Lavorare un anno in più, arrivando a 63 anni di età per come dimostra la relazione dell’UPD, significa ridurre la perdita in termini di assegno pensionistico. Poi sarà da vedere se la misura, che potrebbe e dovrebbe partire in via sperimentale, sarà attiva anche oltre il 2019. Chi avrebbe centrato la pensione con le regole Fornero solo nel 2015 (lavoratore con 62 anni di età e già 38 di contributi), perderà il 34,7%, mentre chi sarebbe dovuto uscire nel 2020 (soggetto di 66 anni), perderà “solo” il 5,6%.

Simulazioni che nella forbice sono differenti in base alle altre 3 combinazioni possibili con la nuova misura, cioè 65+38, 64+38 e 63+38. Ripetiamo, una simulazione basata sulla bozza dello strumento, perché manca ancora l’ufficialità del decreto, ma che l’UPB ha effettuato con dati ufficiali dell’Inps e che dimostra come anche calcolando la fruizione della pensione per 6 anni in più, cioè spalmando l’incasso effettivo dei neo pensionati in base alla vita media calcolata dall’Istat, il taglio sarebbe comunque ingente, arrivando per il sessantaduenne all’8,65%. In pratica, anche se la pensione sarà percepita più a lungo, quanto perso di assegno anno per anno non sarà recuperato del tutto dai pensionati.