Dagli organismi internazionali arriva un nuovo avvertimento all'Italia sulla sostenibilità del sistema pensionistico pubblico e in particolare sul cosiddetto meccanismo di reversibilità. Nella pratica si tratta di quel sistema che tutela i superstiti in caso di morte del pensionato iscritto ad una delle gestioni Inps. Attualmente gli assegni di reversibilità spettano in misura percentuale a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso dell'assicurato, in misura del 60% per i coniugi senza figli, dell'80% per i coniugi con un figlio o del 100% per il coniuge con due o più figli.

Nel nostro sistema il diritto può essere maturato a determinate condizioni anche da altri soggetti, come i figli o i genitori del pensionato. Questo particolare sistema è stato oggetto di alcune decise critiche da parte dell'Ocse, all'interno del rapporto "Pensions Outlook 2018".

Le indicazioni dell'Ocse sulle pensioni di reversibilità

Stante la situazione appena descritta, bisogna evidenziare che il report dei tecnici internazionali ha innanzitutto comparato il meccanismo di reversibilità tra le diverse nazioni appartenenti all'Organizzazione. Sulla base delle ricerche effettuate, l'Italia spende per questa tutela di welfare il 2,5% del Prodotto interno lordo; una cifra considerata poco sostenibile nell'ottica di mantenere stabili i conti della previdenza pubblica.

Ecco quindi che emerge l'ipotesi di modifica dell'attuale legislazione, visto che secondo l'Ocse "i superstiti non dovrebbero avere la pensione prima dell'età per il ritiro". Al contrario, si suggerisce di sostituire la reversibilità con un sussidio di disoccupazione che sostenga il coniuge fino a quando non abbia riorganizzato la propria situazione.

Come funzionano gli assegni di tutela nelle altre nazioni

A supporto della propria teoria su di un eccesso di spesa per gli assegni di reversibilità l'Ocse porta le statistiche riguardanti lo stesso meccanismo nelle altri nazioni oggetto di studio. La media generale dei Paesi analizzati parla infatti di un costo fissato all'1% del Pil, mentre i Paesi più virtuosi arrivano allo 0,5%.

È il caso, ad esempio, di Australia, Svezia, Canada, U.K. e Norvegia. Tra gli altri Paesi mediterranei troviamo invece gli esempi meno virtuosi, come nel caso della Grecia e della Spagna, che eccedono come noi il 2,3% del Pil. In Italia il peso di questo genere di assegni arriva a toccare oltre il 15% della spesa previdenziale complessiva, mentre attualmente nel nostro Paese non esiste un'età minima da maturare per poter conseguire l'assegno di reversibilità (quando generalmente negli altri sistemi vi è una soglia anagrafica minima fissata al di sopra dei 60 anni di età).