Se la riforma delle Pensioni, con quota 100 e le altre soluzioni per modificare la Legge Fornero, alleggerendo i requisiti di accesso alle pensioni, riscuote un interesse massimale da parte dell’opinione pubblica, in materia previdenziale anche sulle pensioni in essere l’attenzione è alta. Quanto si percepirà di pensione nel 2019 è sicuramente argomento importante perché bisogna capire l’impatto che avrà la perequazione sui ratei di pensione già in pagamento e l’influenza del contributo di solidarietà che sta varando il Governo Conte. In un articolo del Messaggero si fa il punto della situazione che affronteremo nel 2019, con pensioni che salgono di importo e pensioni che inevitabilmente verranno tagliate.

Le minime e l’inflazione

Il tasso di inflazione calcolato dall’Istat è pari all’1,1% e questo è anche il tasso che verrà applicato come aumento delle pensioni da gennaio. Si tratta del consueto adeguamento degli assegni pensionistici all’aumento del costo della vita cioè all’inflazione. L’aumento non sarà uguale per tutti perché il meccanismo che verrà utilizzato prevede 5 fasce. Più alta la pensione, più si abbassa il tasso di rivalutazione o indicizzazione applicato. Come riporta il quotidiano, l’aumento pieno dell’1,1% è solo sulle pensioni più basse, quelle fino a 3 volte il minimo, cioè fino a circa 1.522 euro lordi al mese. Infatti il trattamento minimo Inps è fissato a 507 euro e la percentuale applicata si va a dimezzare per pensioni di circa 3.000 euro al mese.

Su una pensione di importo pari 1.000 euro al mese si dovrebbe salire a 1.011, anche se si tratta di cifre lorde da cui va tolta l’Irpef. Per i pensionati con assegni collocati tra tre e quattro volte il minimo, la rivalutazione sarà dell’1,045%, per assegni tra 4 e 5 volte il minimo percentuale dello 0,88%, lo 0,66 sugli assegni tra 5 e 6 volte il minimo e lo 0,55 per le pensioni ancora più elevate.

Il contributo di solidarietà, tra tagli e presunta incostituzionalità

La perequazione dovrebbe riguardare assegni fino a 100mila euro annui, ma per quanto concerne queste pensioni di importi rilevanti ci sarà da fare i conti con i tagli di cui tanto ha parlato il leader del M5S e vicepremier Di Maio. La soluzione trovata dall'esecutivo dovrebbe essere quella del contributo di solidarietà.

Una via obbligata perché imporre tagli strutturali alle pensioni, secondo molti addetti ai lavori, sarebbe stato a rischio intervento della Consulta, essendo provvedimento a forte rischio di incostituzionalità. La Corte Costituzionale infatti, in passato, è sembrata più permissiva ad accettare i contributi di solidarietà rispetto ai tagli lineari di fronte agli inevitabili ricorsi che anche questa volta i pensionati dovrebbero presentare. Anche in questo caso si parla di fasce o scaglioni, con un meccanismo già ridefinito "piramidale". Il contributo imposto durerà 5 anni e non toccherà la parte di pensione fino a 100mila euro. Va ricordato che una pensione da 100mila euro lordi annui è quella pari a circa 4.600 euro netti al mese.

Per pensioni fino a 130mila euro all’anno si taglierà il 10%. Per quelle fino a 200mila euro il 20% per salire al 25 ed al 30% rispettivamente per assegni fino a 350mila e 500mila euro. Tagli ancora più alti per pensioni superiori a mezzo milione di euro. In pratica, salvaguardata la parte di pensione fino a 100mila euro, si perderanno 7mila euro circa su una pensione da 150mila euro lordi all’anno, 17mila per una da 200mila e così via fino a tagli di circa 300mila euro per la parte più alta della piramide.