Consentire a molti lavoratori di anticipare la pensione svincolandosi dai pesanti vincoli imposti dalla legge Fornero è senza dubbio uno dei motivi che ha spinto il governo a varare la quota 100. La misura ormai sembra definita, con il decreto che dovrebbe arrivare domani 8 gennaio in consiglio dei Ministri dopo la bozza fuoriuscita il 5 gennaio. Per circa 350mila lavoratori la misura aprirebbe la porta (opzionale) al pensionamento in anticipo rispetto a quanto prevede la normativa Fornero in materia di pensione di vecchiaia che nello specifico, oggi si centra a 67 anni di età.

La quota 100 secondo i legislatori dovrebbe offrire anche un discreto rilancio occupazionale, perché le aziende da cui fuoriusciranno i neo pensionati con la quota, dovrebbero sostituire i lavoratori con altri più giovani. In questa ottica e tenendo presente tutte le problematiche che paletti e vincoli di quota 100 lasceranno sul campo in termini di convenienza a scegliere la pensione al posto del lavoro, nella bozza del decreto entrano provvedimenti atti a persuadere i soggetti interessati nello scegliere il nuovo canale di uscita. Un ruolo fondamentale in questo senso dovrebbero averlo le aziende.

In pensione da quotista anche 3 anni prima dei 62 previsti

La quota 100 in base alla bozza di decreto, nasce con due vincoli ben precisi, uno riguardante l’età ed uno i contributi previdenziali da detenere.

Serviranno, come ormai si sa da tempo, almeno 62 anni di età come limite anagrafico ed almeno 38 anni di contributi a qualsiasi titolo versati, come soglia contributiva. Come riporta il quotidiano “Il Corriere della Sera”, il datore di lavoro potrebbe aiutare il lavoratore a centrare i 38 anni di contributi previdenziali richiesti.

Infatti, si prevede che l’eventuale riscatto del periodo di studio per la laurea da parte del dipendente, potrebbe essere pagato dall’azienda presso cui il soggetto interessato lavora. Secondo il quotidiano, un lavoratore che ha 34 anni di contributi versati, potrebbe vedersi riscattare i 4 anni del corso di laurea ed arrivare ai 38 richiesti.

Possibilità che come vedremo potrebbe essere allargata anche ad uno scivolo di ulteriori 3 anni che sempre le aziende offrirebbero ai propri dipendenti che si trovano a 3 anni di distanza dai requisiti per la quota 100, cioè a 59 anni e 35 anni di contributi versati.

Quota 100, 3 anni prima

Come dicevamo, quota 100 sarà misura opzionale, cioè deve essere il soggetto interessato a scegliere se lasciare il lavoro con il canale di uscita del governo. In questo senso importante capire la convenienza a sfruttare la misura da parte dei lavoratori. Dal punto di vista dell’anticipo di uscita la misura appare naturalmente conveniente, ma non è così per quanto concerne gli importi o per il divieto di cumulo inserito nella misura.

La pensione per i quotisti verrà calcolata alla stregua delle altre misure pensionistiche oggi in vigore. Nessun ricalcolo obbligatorio con il sistema contributivo e nessun taglio in base agli anni di anticipo con cui si lascia il lavoro.

La perdita in termini di assegno e che secondo il Corriere della Sera può arrivare ad un terzo della pensione teoricamente spettante è per via dei minor anni di contributi versati e per il coefficiente di trasformazione dei contributi in assegno di pensione, tanto meno favorevole, quanti anni prima si lascia il lavoro. Un evidente elemento disincentivante che se collegato anche al divieto di cumulo con altri redditi da lavoro, rende la misura poco appetibile per molti lavoratori.

Infatti, per coloro che percepiranno la pensione con la quota 100 previsto un divieto di cumulare la propria pensione con altri redditi da lavoro per un periodo pari all’anticipo ottenuto, cioè fino ai 67 anni di età che con le nuove normative significa pensione di vecchiaia. Non si potrà arrotondare la pensione percepita con redditi da lavoro ad esclusione di quelli da lavoro autonomo occasionale per un importo non superiore a 5.000 euro all’anno. Una parte di questi lavoratori che potrebbero trovare sconveniente la quota 100, potrebbe essere agevolata dalle aziende. Nella bozza viene previsto uno scivolo fino a tre anni prima di quota 100, cioè a soggetti che hanno 59 anni di età e 35 di contributi.

Nell’articolo 22 della bozza viene previsto che con accordo tra azienda e lavoratori, il datore di lavoro potrebbe erogare una specie di assegno di accompagnamento alla pensione sulla falsariga dell’Isopensione. Le aziende non dovranno più versare contributi previdenziali al lavoratore, ma provvedere a rimpinguare il fondo bilaterale di solidarietà a cui i lavoratori attingeranno per ricevere l’assegno. In pratica, per 3 anni i lavoratori potrebbero lasciare il lavoro con un assegno pari a quello di quota 100 pur non avendo ancora completato il doppio vincolo anagrafico-contributivo richiesto.