Nella bozza del decreto sulle Pensioni del governo, ha trovato spazio anche opzione donna, una misura già conosciuta perché sperimentata con la legge 243/04. Nulla ancora di ufficiale, anche se la bozza del decreto può essere considerata più di un indizio a favore dell’entrata in vigore della misura. La nuova versione di opzione donna presenta particolarità che la differenziano da quella sperimentata anni fa e che probabilmente la rendono più stringente come platea di destinatari. Il sito “pensionioggi.it” dedica un articolo proprio a questa importante misura rivolta alle donne che potrebbero andare in pensione con discreto anticipo rispetto alle attuali norme previste dalla riforma Fornero.

Occorre ricordare che da gennaio 2018, la pensione di vecchiaia per le donne si centra alla stessa età pensionabile prevista per gli uomini, cioè 67 anni. Di fatto è sparito l’anno in meno di età richiesto alle lavoratrici per la classica pensione da richiedere ad un determinato limite di età. Per la pensione anticipata, quella che qualcuno chiama ancora pensione di anzianità, le donne possono accedervi senza limite di età ma con 41 anni e 10 mesi di contributi (nel decreto in arrivo previsto il congelamento dell’aspettativa di vita, altrimenti, pensione a 42 anni e 3 mesi di contributi). Con opzione donna invece, si potrebbe andare in pensione con “solo” 59 anni di età.

Misura opzionale

La pensione contributiva per donne è un autentico scivolo offerto a coloro che opteranno per questo canale di uscita.

Infatti la misura è lasciata alla libera scelta delle lavoratrici che potranno scegliere se lasciare il lavoro anticipatamente o restare in servizio. Una scelta da ponderare accuratamente perché con la misura le lavoratrici rischiano di perdere buona parte della pensione in termini di assegno previdenziale. La pensione verrebbe ricalcolata per intero con il penalizzante sistema contributivo, anche se parte dei 35 anni dei contributi richiesti rientrerebbero nel favorevole sistema retributivo.

In parole povere, la pensione che si andrebbe a percepire rispetto a quella spettante una volta raggiunti i requisiti per le altre misure previste dalla normativa vigente, sarebbe ridotta anche fino al 30%. Minor numero di contributi versati, coefficienti di trasformazione più bassi e calcolo contributivo dell’assegno determinano una drastica riduzione di assegno che per molte risulterà ostacolo arduo e disincentivante a presentare richiesta di pensionamento.

A chi si rivolge la misura

Chi sono le beneficiarie di opzione donna è argomento molto discusso perché le pesanti norme previdenziali lasciate in eredità dalla riforma Fornero spinge la stragrande maggioranza dei lavoratori a studiare una possibile scorciatoia. Le lavoratrici non fanno eccezione soprattutto quelle nate dal 1° gennaio 1958 al 31 dicembre 1959, che rappresentano il perimetro di destinatari di questo canale di uscita. La misura infatti prevede la possibilità di lasciare il lavoro e andare in pensione a 59 anni di età e con raggiunto il limite di 35 anni di contribuzione versata.

Il governo dovrebbe prevedere la possibilità di lasciare il requisito contributivo raggiungibile anche successivamente ma senza poter utilizzare il cumulo gratuito dei contributi

La decorrenza della pensione poi scatterebbe secondo un meccanismo a finestre, cioè non dal 1° giorno del mese successivo a quello in cui si completano i requisiti.

Una finestra di 12 mesi per dipendenti del settore privato e 18 mesi per le lavoratrici autonome. In pratica, come ricorda il sito pensionioggi.it, la prima data utile per le pensioni in regime opzione donna sarebbe a luglio per le lavoratrici private e non prima di gennaio 2020 per le autonome.