Nei primi tre mesi dell’anno corrente l’Inps ha erogato Pensioni senza i tagli previsti dalla legge di Bilancio che ha cambiato il meccanismo della perequazione per il triennio 2019-2021.Il nuovo sistema di adeguamento delle pensioni al tasso di inflazione è meno favorevole del precedente e pertanto da aprile molti pensionati riceveranno assegni più bassi rispetto a quelli incassati a gennaio, febbraio e marzo 2019. L’Inps sta provvedendo all’invio di una comunicazione riguardante proprio questo aspetto che oltre a ridurre gli assegni pensionistici in pagamento a partire da aprile, prevede un conguaglio a sfavore dei pensionati proprio per le somme in più incassate nei primi tre mesi del 2019.

L’approvazione della legge di Bilancio ha causato l’anomalia

Il problema è scaturito dalla legge di Bilancio che ha previsto il nuovo meccanismo di indicizzazione delle pensioni ma che, essendo stata approvata solo il 30 dicembre 2018, non ha consentito un rapido recepimento della novità da parte dell’Inps. L’Istituto infatti ha provveduto ad adeguare le pensioni a gennaio, al tasso di inflazione dell’1,1%, ma con le regole precedenti, cioè basate su un meccanismo a 3 scaglioni. La novità introdotta dalla manovra, e che da aprile avrà effetto sulle pensioni, prevede un sistema a 7 fasce. Un sistema più penalizzante per molte pensioni, soprattutto quelle più alte. In parole povere, ciò che i pensionati hanno percepito in più da gennaio sui propri ratei di pensione non era giusto, ma era solo un adeguamento provvisorio, in attesa che la legge di Bilancio facesse il suo corso.

Cosa cambia sulle pensioni e per quali pensionati

L’Inps ha già pronto il modo per sistemare la situazione e per riprendersi indietro i soldi erogati in più sulle pensioni. Nella comunicazione in arrivo a casa dei pensionati ci sono le tabelle con i vecchi ed i nuovi importi delle pensioni. Il nuovo importo è quello che da aprile e fino a dicembre, i pensionati andranno a ricevere mensilmente, mentre i vecchi importi sono quelli percepiti nei tre mesi iniziali dell’anno corrente.

La differenza tra nuovo e vecchio importo, naturalmente moltiplicata per i 3 mesi in questione, producono il debito che i pensionati dovranno restituire all’Inps nei mesi successivi con trattenute sulla loro pensione. Infatti ad aprile scatterà solo il cambio di importo della pensione, per le cifre a conguaglio, invece, saranno i mesi successivi quelli utili all’Inps per rientrare di quanto avanza.

Il nuovo sistema

Al nuovo meccanismo della perequazione si deve aggiungere anche l’altra grande novità dell’esecutivo alla voce sforbiciate sulle pensioni, cioè lo stop alla perequazione per le pensioni più alte.

Un doppio taglio che andrà a colpire soprattutto pensioni di importo medio alto, a partire dai 100.000 euro annui. Un taglio che potrebbe arrivare fino al 40% del proprio assegno previdenziale. La scure dei tagli non avrà effetto sulle pensioni fino a tre volte il trattamento minimo, cioè per quelle fino a 1.522 euro lordi al mese. Infatti sia nel sistema a 3 scaglioni che in quello nuovo a 7 fasce, la rivalutazione di queste pensioni sarà sempre del 100% rispetto al tasso di inflazione.

In pratica per le pensioni fino alla soglia mensile di 1.522 euro circa, l’aumento era e resta dell’1,1%, pari cioè al tasso di inflazione certificato dall’Istat. Per le pensioni tra le tre e le quattro volte il trattamento minimo la rivalutazione prevista è pari al 97%. Si scende al 77% per le pensioni tra quattro e cinque volte il minimo e poi man mano che salgono le pensioni si passa al 52, 47, 45 e 40%. Tanto per chiarire chi e quanto dovrà restituire all’Inps, occorre ricordare come sono state adeguate le pensioni dallo scorso primo gennaio, cioè come funzionava il vecchio meccanismo basato sui tre scaglioni. La rivalutazione piena al 100% era appannaggio sempre di pensionati con assegni fino a tre volte il trattamento minimo.

Per quelle da sopra le tre volte e fino a cinque volte, adeguamento pari al 90%, mentre per quelle a partire da sopra le cinque volte, la rivalutazione era del 75%. Evidente che sulle pensioni più elevate, le nuove aliquote producono un sostanziale peggioramento di questi aumenti di assegno. Rispetto al vecchio, il nuovo meccanismo a 7 fasce inoltre non prevede più l’applicazione dell’aliquota sull’intera somma, ma scaglionata. Pertanto, il 100% sull’importo fino a tre volte il minimo, il 97% per la parte di assegno che va da tre a quattro colte e così via.