Dopo gli ultimi aggiornamenti in arrivo dall'Inps rispetto alle domande di accesso alla pensione anticipata tramite quota 100 è tornata al cento del dibattito la questione delle differenze di genere. Le richieste di tutela previdenziale da parte delle donne continuano infatti a restare una quota minoritaria rispetto al numero complessivo di pratiche inviate. Un fenomeno che si spiega evidentemente con la severità del parametro contributivo di accesso (che richiede la maturazione di almeno 38 anni di versamenti), oltre che attraverso la discontinuità lavorativa dovuta al lavoro di cura e all'impegno speso dalle donne in famiglia.

Le rivendicazioni da parte del CODS: per Armiliato è necessario 'porre rimedio'

Stante la situazione appena descritta, dal Comitato Opzione Donna Social si torna ad evidenziare il peso delle differenze di genere, partendo proprio dalla ripartizione delle domande di accesso alla quota 100. La fondatrice Orietta Armiliato ha infatti riportato all'interno del gruppo il dato comunicato recentemente dall'Inps, dal quale si evince che per la quota 100 sono arrivate 162mila richieste di accesso. Di queste, solo 42406 sono però riconducibili a pratiche inoltrate da lavoratrici. Non è mancato quindi un richiamo diretto al Governo. "Durigon, rispetto al tema Pensioni, dice che la legge di bilancio contemplerà norme in favore delle Lavoratrici.

Probabilmente questi numeri non lo lasciano indifferente, così come l’aver stravolto i termini per l'opzione donna". In tal senso, "il CODS per porre rimedio ed equità suggerisce l'estensione dell'opzione donna fino al 2023, il riconoscimento del lavoro di cura ed il cumulo gratuito contributi per gli esclusi".

La proroga dell'opzione donna ed il 'rischio assistenziale'

La battaglia del CODS per il riconoscimento del lavoro di cura prosegue da tempo. Negli scorsi post la fondatrice Armiliato aveva già messo in evidenza il rischio che l'opzione donna si trasformi in una misura assistenziale, visto che rimane l'unica possibilità disponibile per molte lavoratrici che giungono verso la fine della propria carriera senza altre opportunità di reinserimento e senza ulteriori misure di tutela.

In tal senso, l'amministratrice aveva spiegato che molte donne continuano ad invocare l'opzione di prepensionamento dopo la maturazione di 35 anni di versamenti, visto che questa resta l'unica strada percorribile quando non si sono raggiunti i requisiti previsti per l'uscita di anzianità, oppure quando si risulta senza reddito per disoccupazione (in un'età nella quale è molto difficile trovare un nuovo impiego). Ricordiamo che il meccanismo di pensionamento anticipato permette l'uscita anticipata dal lavoro a partire dai 58 anni di età (59 anni se autonome), ma al costo del ricalcolo interamente contributivo del futuro assegno.