Il tema Pensioni resta molto caldo anche sul fronte politico. Francesco Seghezzi, presidente dell'Adapt (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del Lavoro e sulle relazioni industriali) ha sottolineato come, in questa fase, sia inopportuno parlare in termini semplicistici di Quota 100.

Intervenuto ai microfoni di Radio Radicale ha messo in evidenza come, ad oggi, ci sia il rischio di dover restare nel mondo del lavoro fino a 70 anni. Un'eventualità che deriva dal dato secondo cui solo il 59% della popolazione è occupata e dall'aumento dell'aspettativa di vita.

Tutto questo potrebbe comportare un ulteriore prolungamento della soglia anagrafica e/o contributiva per andare in pensione. Qualora ciò dovesse verificarsi, sarebbe opportuno approntare un sistema flessibile in grado di contemplare nel settore occupazionale delle persone ormai avanti con l'età attraverso una rivisitazione delle rispettive mansioni.

In Italia solo il 59% delle persone è occupata

Matteo Renzi nelle ultime settimane ha parlato della necessità di abolire Quota 100 per una questione di giustizia generazionale e sociale. Seghezzi non ha una buona opinione della misura e si è voluto soffermare su alcuni aspetti: "Sarei favorevole, ritenendola una misura ingiusta. Questo discorso, però, non consente di vedere il problema nella sua profondità".

Dunque, secondo il dirigente, quello di Quota 100 in materia previdenziale è un tema superficiale rispetto a problemi ben maggiori.

"Stiamo parlando - ha evidenziato - tantissimo di dove trovare risorse, ci siamo inventati nuove tasse. Dimentichiamo che tra i problemi italiani c'è tutto il tema delle poche persone che in Italia lavorano.

Il tasso di occupazione è del 59% e questo vale il penultimo posto dei paesi Ocse". Tutto ciò comporta una mancanza di risorse sia in termini di tasse pagate che di versamento dei contributi, circostanze che non garantiscono una reale sostenibilità del sistema previdenziale: "L'unico modo - ha sottolineato l'ospite di Radio Radicale - per farlo è scaricare i costi sulle generazioni che verranno".

L'aspettativa di vita cresce

Il presidente della Fondazione Adapt, dunque, guarda al futuro con realismo: "Le aspettative di vita sono sempre più elevate, ci sarà la possibilità e la necessità di lavorare in età più avanzata. Bisogna rendere sostenibile il lavoro fino a 70 anni e pensare a delle cose nuove".

Uno scenario in cui, dunque, compatibilmente con l'evoluzione anagrafica sul territorio, si dovrà arrivare a delle soluzioni diverse. E Seghezzi ha indicato la strada da percorrere: "Flessibilità organizzativa, pensare a come far sì che le persone più anziane possano avere dei ruoli meno faticosi e più di trasferimento di competenze ed esperienza rispetto ai più giovani. Bisogna anche pensare - ha aggiunto - come mettere in pratica delle forme di assessment periodico delle proprie competenze, così da non trovarsi a 70 anni con delle conoscenze completamente obsolete".