Un'interessante intervista ad Alberto Brambilla è stata pubblicata il 16 gennaio sul quotidiano "Il Mattino" di Napoli. L'argomento naturalmente sono state le Pensioni e la riforma su cui si sta lavorando. Brambilla è il Presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali ed è stato sottosegretario al Ministero del Lavoro in due governi Berlusconi. Si tratta di uno dei massimi esperti di previdenza e fa parte della squadra del Cnel che Tiziano Treu ha creato proprio per produrre una riforma del sistema che oggi appare necessaria.
Brambilla nella sua intervista ha bocciato la proposta dei sindacati di una riforma che parta da una pensione flessibile a 62 anni. Inoltre, l'esperto è tornato a proporre le sue soluzioni previdenziali, tra le quali quota 102.
Il Cnel è al lavoro per una riforma sostenibile
"Appena chiuderà quota 100 il 31 dicembre 2021, in assenza di interventi si tornerà alla legge Fornero", così Brambilla ha iniziato la sua intervista. Secondo l'esperto, la riforma Fornero ha prodotto più problemi che benefici. Un dato che conferma la tesi sulle problematiche della legge Fornero è quello degli esodati. Sono stati necessari 8 interventi di salvaguardia per detonare parte dei problemi che la riforma del governo Monti ha prodotto, questo in sintesi il pensiero dell'ex sottosegretario.
Di Brambilla molti pensano che sia stato uno dei padri della riforma leghista che ha prodotto quota 100, ma su questa misura è critico, e sottolinea anche come essa sia stata prodotta in fretta proprio per detonare alcuni problemi del sistema prodotti dal 2011 con quel governo tecnico. Quota 100 quindi è misura sbagliata, ecco perché pure per il Professor Brambilla occorre intervenire con una riforma che dovrà anche superare la legge Fornero. Al riguardo, il Cnel con la sua squadra di tecnici (di cui fa parte Brambilla), sta lavorando ad una riforma che sia sostenibile per il sistema, cioè che non si abbatta pesantemente sulla spesa pubblica.
Pensioni quota 102, questa la soluzione
La sostenibilità della futura riforma deve essere garantita assolutamente anche per Brambilla che pertanto boccia nettamente la proposta dei sindacati che chiedono una misura di pensione flessibile con 62 anni di età e 20 di contributi.
"Lo spiegano loro come si fa a sostenere una riforma con quota 82?" questo ciò che Brambilla sottolinea riguardo alla proposta che le parti sociali potrebbero mettere ufficialmente sul tavolo il 27 gennaio, quando saranno in audizione al Ministero del Lavoro. Secondo Brambilla, qualsiasi ipotesi di riforma pensioni con misure al di sotto di quota 100, non sarebbe sostenibile dal sistema. Ecco perché lui continua a battere su quota 102, cioè su una pensione dai 64 anni di età, con almeno 38 anni di contributi.
I lavori gravosi da agevolare
Una delle caratteristiche più contestabili di quota 100 infatti è il "liberi tutti", come la definisce lo stesso Brambilla durante la sua intervista. I requisiti di quota 100 sarebbero andati bene solo per lavoratori con problemi, mentre è stata allargata a tutti, quello cioè che dice l'esperto previdenziale è che oltre a quota 102, si può spingere per una misura a quota 97 destinata a lavoratori con problematiche.
In questo caso si userebbero dei fondi esuberi sulla falsariga di quelli che hanno ben funzionato per i comparti bancari ed assicurativi. I lavoratori con problemi simili a quelli che oggi possono percepire l'Ape sociale (disoccupati, lavori gravosi o con problemi di salute, ma non invalidi), potrebbero uscire con 62 anni di età e 35 di contributi. Per Brambilla occorrerebbe costituire un fondo a cui destinare 500 milioni annui per garantire le uscite anticipate a lavoratori con problemi e per i contributivi puri.
Infatti, un altro problema causato dalla riforma Monti/Fornero è la disparità di trattamento tra chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e chi lo ha fatto in data successiva. I primi sono tutelati, perché hanno diritto al calcolo retributivo e misto della pensione, oltre alle integrazioni e maggiorazioni sociali.
I secondi invece, chiamati contributivi puri, sono duramente penalizzati avendo il primo contributo versato dopo il 1995 e senza tutte quelle tutele. Il fondo servirebbe per garantire loro lo stesso trattamento degli altri. In definitiva, quota 102 per tutti e quota 97 per soggetti bisognosi di una mano. Infine, sempre per il noto esperto, occorre mettere il freno all'adeguamento delle pensioni anticipate con le aspettative di vita. Tutto va fermato a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, con un anno in meno per le donne e con sconti contributivi per le madri e per i lavoratori precoci.