Nel pubblico impiego l'opportunità di accesso anticipato alle nuove pensioni offerte dalla quota 100 sembra aver riscontrato un interesse molto elevato, tanto da spingere il dato dei pensionamenti complessivi interni alla PA (che però tiene conto di tutte le opzioni di uscita attualmente disponibili). Quest'ultimo è infatti triplicato rispetto all'anno precedente. Il trend emerge dalle banche dati della stessa Inps e appare rilevante, considerando che il successo complessivo dell'operazione quota 100 è risultato al di sotto delle aspettative iniziali.
A tali considerazioni è arrivato anche il Presidente dell'Inps Pasquale Tridico, che ha fatto il punto della situazione rispetto alla vicenda rilanciando anche le proprie ipotesi di riforma del settore previdenziale.
Pensioni anticipate, con la quota 100 nel 2019 ci sono state 150mila uscite
Stante la situazione, i dati riguardanti il meccanismo di accesso alle pensioni a partire dai 62 anni di età e dai 38 anni di versamenti mostrano una fotografia precisa. Su 150mila uscite complessive 42mila sono da attribuirsi al pubblico impiego, 74mila al settore privato e 33mila ai lavoratori autonomi. I prepensionamenti hanno comunque garantito un aiuto (seppur limitato) anche al mercato del lavoro, dove c'è stata una lieve ripresa del turn over.
Insomma, coloro che possono approfittare del meccanismo di prepensionamento avendo maturato un buon assegno lo fanno. Non a caso la media mensile della pensione di chi ha fatto ricorso alla quota 100 si attesta attorno alle 2mila euro. Un dato che non stupisce, visti i 38 anni di versamenti e la possibilità di usufruire del calcolo retributivo o di quello misto.
La proposta di Tridico (Inps): avviare le pensioni integrative pubbliche
Nel frattempo continua a tenere banco anche un'altra ipotesi di riforma delle pensioni, che prevede l'avvio di un pilastro integrativo pubblico. L'idea è stata suggerita da Pasquale Tridico e punta a garantire un sostegno ulteriore alle nuove generazioni.
Il progetto risulterebbe ad adesione volontaria e permetterebbe di garantire diverse soluzioni. Per il sistema Paese significherebbe consentire di investire nuovi fondi nell'economia interna. Per i lavoratori si tradurrebbe invece nella possibilità di avere delle maggiori garanzie previdenziali, magari supportate anche da incentivi ad hoc.
Perché le pensioni integrative possono rappresentare una soluzione valida per l'attuale sistema
Stante la situazione, ad evidenziare che un intervento rispetto all'attuale meccanismo di tutela previdenziale sia quanto mai necessario vi sono gli stessi dati elaborati dall'Inps. Bisogna infatti ricordare che "solo il 25% dei lavoratori ha una pensione complementare" prosegue il Presidente dell'Inps, sottolineando che si tratta "prevalentemente di uomini e dei più ricchi".
A restare indietro sono soprattutto i giovani, le donne (che vanno incontro ad una carriera lavorativa caratterizzata da discontinuità) e coloro che percepiscono basse retribuzioni. Paradossalmente, si tratta proprio di quei lavoratori che avrebbero maggiore bisogno di una tutela pensionistica integrativa e che al contrario si trovano esclusi dal pilastro privato. Sul punto i sindacati hanno però già espresso la propria perplessità, chiedendo di mantenere la previdenza integrativa indipendente dal settore pubblico e rilanciando le adesioni favorendo i fondi già a disposizione dei lavoratori. D'altra parte, anche questo punto sarà oggetto del prossimo confronto che si terrà tra governo e parti sociali il 27 gennaio presso il Ministero del Lavoro.