Oggi il principale problema previdenziale appare essere lo scalone che lascerà la quota 100, una volta terminata la sua sperimentazione nel 2021. La politica ed i tecnici sembrano tutti in accordo sul fatto che quota 100 vada mantenuta fino alla scadenza. Un modo per dare sicurezza e continuità ai lavoratori, in termini di accesso alle Pensioni. Ma sono in accordo anche sul fatto che bisogna intervenire, magari, rimodulando quota 100. L'ipotesi più gettonata delle ultime giornate è quella di alzare l'asticella dell'età pensionabile, portando la quota 100 a 64 anni di età.

Un aumento a cui farebbe da contro altare l'abbassamento dei contributi necessari che scenderebbero a 36 anni.

Come ampiamente dibattuto ieri sera su La7, nel consueto contenitore settimanale di Giovanni Floris a "Di Martedì", nel 2020, il sistema contributivo detterà legge. Questo perché, chi doveva andare in pensione e poteva farlo con il più vantaggioso metodo retributivo, lo ha già fatto. Il sistema di calcolo contributivo è un evidente vantaggio in termini di sostenibilità del sistema pensionistico, perché le pensioni sono erogate in base ai contributi versati. La nuova quota 100, nell'ipotesi di cui parlava l'altro giorno al Corriere della Sera, il sottosegretario al Ministero dell'Economia, Pier Paolo Baretta e di cui si parla in un servizio di La7 a cura di Silvia Ciufolini, prevede il calcolo contributivo della pensione.

Un sistema di calcolo che sarebbe ben più economico in termini di spesa pubblica, ma ben più penalizzante in termini di assegno previdenziale per i pensionati.

La nuova quota 100 meno vantaggiosa come uscita dal lavoro

Nel servizio di cui parlavamo prima, la quota 100 con 64 anni di età e 36 di contributi, viene considerata l'ipotesi più fattibile dal 2022.

Una strada percorribile per evitare lo scalone di 5 o 6 anni dal 2022. Senza interventi, una volta terminato il periodo di funzionamento della quota 100, cioè dal 1° gennaio 2022, i primi esclusi dalla misura dovrebbero aspettare i 67 anni della pensione di vecchiaia o i 43 anni e 10 mesi di contributi versati per la pensione anticipata (per le donne 41 anni e 10 mesi).

Anche la Fornero, intervenuta in trasmissione ha confermato che quota 100 non deve essere confermata oltre la sua scadenza. Anzi, per la professoressa, occorrerebbe ritoccare la misura già nel 2021, andando a ridurre il vantaggio di quota 100 in termini di uscita. Una cosa che appare certa è che la misura nel 2022 non sarà attiva, o almeno non lo sarà come oggi. L'ipotesi di cui parlavamo prima va sicuramente nella direzione a cui faceva riferimento la Fornero, di un decalage. Non si uscirebbe più con 62 anni di età, ma con 64 e non sarebbe necessario arrivare a 38 anni di contributi, perché ne basterebbero 36. In altri termini, con la nuova quota 100 servirebbero due anni in più di età per poter lasciare il lavoro.

Misura meno vantaggiosa come assegno

Ricapitolando, quota 100 potrebbe essere modificata di molto rispetto alla misura che per il 2020 ed il 2021, il governo Conte bis ha deciso di confermare. Se davvero l'ipotesi diventasse realtà, la nuova misura produrrebbe per i neo pensionati, un assegno previdenziale calcolato interamente con il sistema contributivo. Verrebbe meno la parte di pensione calcolata con il sistema retributivo che anche nel prossimo biennio finirebbe nelle tasche dei quotisti. Nel servizio della trasmissione di Floris, si fa un esempio che la dice lunga sulla penalizzazione a cui andrebbero incontro i pensionati che sfrutterebbero la nuova misura, rispetto a quelli che invece la sfrutterebbero nella maniera in cui è prevista adesso.

Nel servizio della Ciufolini, si fa l'esempio di due lavoratori con stipendio da 2.000 euro al mese. Il primo, con la attuale misura, prenderebbe una pensione da 1.400 euro al mese, mentre il secondo ne percepirebbe una da 1.200 euro. Un taglio di circa il 15% che deriverebbe dal calcolo contributivo della pensione.