Torniamo ad approfondire l’impatto dell’emergenza Coronavirus sul mondo dello spettacolo e del settore entertainment intervistando l’Avv. Mario Fusani, Socio Fondatore di GF Legal, con esperienza ultratrentennale in Italia e all’estero in ambito lavoristico-sindacale, giudiziale e consulenziale. In tal senso, tratteremo alcuni spunti in merito alle prospettive per il settore dal punto di vista legale, anche tenendo conto dei recenti decreti approvati dal governo.
Avv. Fusani, può raccontarci innanzitutto in che modo i lavoratori del settore cinema ed entertainment sono stati colpiti dall’emergenza Coronavirus e perché le conseguenze rischiano di travolgere l’industria dell’intrattenimento?
I lavoratori dell’entertainment sono fra i più colpiti e tutta la filiera del cineaudiovisivo è assolutamente bloccata, in particolare per due aspetti. Da un lato, la chiusura di tutte le sale cinematografiche - doverosa da un punto di vista sanitario - sta comportando la conseguenza che molte opere destinate a quel mercato siano chiuse in un cassetto, ed i relativi investimenti siano resi pressoché improduttivi. Certo, esistono le diffusioni sulle piattaforme, ma si tratta di soluzioni alternative, che, comunque, escludono tutta una grande fetta di filiera produttiva (la distribuzione nelle sale).
L’altro aspetto, molto serio, riguarda l’impossibilità di procedere alla realizzazione di nuove opere.
Basti pensare alla necessità di mantenere il “distanziamento sociale” sui luoghi di lavoro. Senza addentrarci nei dettagli di alcune figure molto tecniche, pensiamo banalmente ai truccatori ed ai parrucchieri. Come possono svolgere il loro lavoro senza “toccare fisicamente” l’attore che deve andare sul set (tra l’altro proprio vicino a bocca occhi e naso, che sono i punti di maggior contagio)?
Non dimentichiamo che si tratta di attività che richiedono, quasi sempre, tempi lunghi, anche volendo escludere certi interventi che comportano anche 3, 4 ore di trucco (il recente film su Bettino Craxi o l’altro su Winston Churchill di pochi anni fa, hanno superato, fra trucco e strucco ben più di questo tempo). E queste sono operazioni che vanno fatte quotidianamente per tutte le 5/8 settimane in cui il set di un film gira.
Figuriamoci poi se parliamo di lunga serialità televisiva. In quel caso, si può arrivare anche ad alcuni mesi per la realizzazione dei vari episodi.
A tal proposito, il Decreto Legge “Cura Italia” ha previsto alcune prime misure di sostegno per i lavoratori del settore? Può riassumerci di cosa si tratta?
Certamente. Da un lato abbiamo la possibilità di ricorrere agli strumenti di ammortizzazione sociale come le altre aziende degli altri comparti. Parlo prevalentemente di Assegno Ordinario alimentato dal FIS, e CIGD per le aziende più piccole. C’è, inoltre, la possibilità del ricorso alla NASPI, la vecchia “indennità di disoccupazione”. Dobbiamo, però, anche misurare la effettiva portata di questi strumenti.
La stragrande maggioranza dei rapporti di lavoro in questo comparto è rappresentata da rapporti a tempo determinato. E non può che essere così. Se un film viene girato in alcune settimane, come dicevo prima, lavoratori del set non possono essere assunti che per quella durata. Non è detto, infatti, che, un lavoratore possa avere una professionalità che va bene per qualsiasi film. Inoltre, abbiamo case di produzione che realizzano un’opera o due all’anno e non possono permettersi di tenere “a libro paga” una troupe inattiva per buona parte dell’anno.
Pertanto il lavoratore a termine potrebbe andare in Cassa, ma necessariamente solo ed esclusivamente per il periodo di durata residua del contratto.
Mi spiego meglio: se il solito truccatore, di cui parlavamo prima, avesse avuto un contratto di sei settimane e due le avesse già fatte lavorando prima dello scoppiare dell’epidemia, potrà essere collocato in Cassa solo per le residue 4 settimane, non certo per le 9 che il Cura Italia prevede.
Ma non possiamo non considerare anche che tutti i contratti del settore prevedono la possibilità esplicita di “risoluzione anticipata” per impossibilità sopravvenuta. Tale clausola è prevista per le ipotesi, purtroppo non infrequenti, ad es. di “infortunio (e va previsto anche di peggio) ad attore principale”, oppure per particolari avversità climatiche, o per il venir meno della disponibilità delle location.
Orbene, la pandemia da Covid-19 è stato un fatto senz’altro imprevedibile, specie per le dimensioni che ha avuto in Italia, e quindi molti rapporti sono stati interrotti prima del 18 marzo quando tutta Italia era già stata posta in lockdown.
Quindi, gli stessi non sono rientrati nella tutela del Decreto, che ha previsto una retroattività dal 23 febbraio, ma solo per le procedure di licenziamento collettivo. Questo significa che ai lavoratori non è rimasta che l’opzione di chiedere il collocamento in Naspi. Ma, come sappiamo, la Naspi è rapportata alla durata del rapporto di lavoro che è stato svolto nell’anno precedente. Quindi, se il lavoratore ha lavorato, ipotizziamo, in 4 film di 6 settimane ciascuno, avrà diritto alla Naspi per la metà delle settimane di lavoro, quindi per 12 settimane, non per un anno, come per i lavoratori “ordinari”, con rapporto a tempo indeterminato.
E poi c’è un’altra considerazione da fare. I lavoratori del set hanno retribuzioni settimanali di tutto rispetto se considerate singolarmente. Ben più alte di tutti gli altri lavoratori che possano avere professionalità comparabili in altri comparti economici. Ma questi lavoratori non lavorano mai tutto l’anno e quindi le retribuzioni che percepiscono devono consentire loro di vivere anche durante i periodi di mancato lavoro.
Orbene, l’ammortizzatore, qualunque esso sia, prevede apparentemente il riconoscimento dell’80% della retribuzione. Ma questo 80% ha un tetto massimo di circa 1150 € mensili (lordi, ovviamente).Questo importo può rappresentare il minimo vitale di sussistenza per i dipendenti che possono goderne per il periodo massimo, che dire dei lavoratori del cineaudiovisivo che hanno periodi più contenuti di fruibilità?
Nessuna specifica per i lavoratori dei set.
Tra i provvedimenti avviati dal Governo c’è anche un apposito Fondo di emergenza spettacolo: può dirci qualcosa di più al riguardo?
Si, ce ne sono alcuni. Il più consistente è previsto all’art 89 del DL che prevede un insieme di 130 milioni per gli operatori del settore, quindi, non solo per le imprese, ma anche per artisti, autori, interpreti ed esecutori. Al momento, non si sa come e quando verranno distribuiti in quanto il MIBACT fisserà i relativi criteri, entro 30 gg dal momento in cui il Decreto sarà convertito in Legge.
Ad oggi, è stato presentato solo un maxi emendamento al Senato, ove è stata posta la fiducia per la relativa approvazione, quindi i 30 gg non sono ancora cominciati a decorrere.
I lavoratori inoltre, potranno, ed in molti lo hanno già fatto, richiedere l’indennità per i lavoratori dello spettacolo se hanno almeno 30 contributi giornalieri nel 2019 ed un reddito inferiore a 50,000 (lordi) per il medesimo anno.
L’indennità è pari ad un una tantum di €. 600,00 (che non concorre a formare reddito). Vedremo se tale importo verrà incrementato, come è stato anticipato dovrebbe accadere per gli altri lavoratori, e se sarà replicato anche per il mese di aprile.
Un altro interessante spunto di riflessione arriva dalle richieste avanzate al MIBACT dalle Associazioni datoriali Anica e Anec rispetto alla necessità di uscire in modo prioritario in sala per poter usufruire di contributi e tax credit: quali sono le istanze poste all’attenzione del governo?
Il punto fondamentale della richiesta delle Associazioni datoriali è legato a una procedura amministrativa: lo Stato riconosce ai film nazionali, in presenza di alcune condizioni vincolanti, incentivi fiscali (tax credit) e altri benefici diretti (contributi automatici e selettivi). Una delle condizioni per qualificarsi come “film” - e poter quindi accedere ai benefici è che l’opera deve essere programmata in sala cinematografica prima che diffusa in qualsiasi altro modo. La chiusura totale delle sale non consente oggi, e non consentirà per alcuni mesi, nessuna nuova uscita. Per questo le Associazioni hanno chiesto che quei film, nati per uscire in sala ma rimasti intrappolati in questa situazione, possano non aggravare le proprie perdite (da mancata uscita) a causa della decadenza dai benefici concessi, per ragioni al di sopra della loro volontà.
Anche perché questo vincolo non tocca i film non italiani e quindi il mantenimento di tale disposizioni – nel periodo di chiusura delle sale - creerebbe uno squilibrio nel mercato.
Da un suo recente documento di approfondimento emerge che qualcosa si sta muovendo anche dal fronte delle piattaforme di distribuzione. È il caso di Netflix, che in questi giorni sta garantendo degli strumenti di sostegno alla filiera. In che modo si sviluppano tali aiuti?
Leggo dal comunicato stampa relativo ed a cui ho fatto riferimento: “Netflix e Italian Film Commissions annunciano oggi la creazione del Fondo di Sostegno per la TV ed il Cinema nell'emergenza COVID-19 con l'obiettivo di fornire supporto emergenziale a breve termine alle maestranze e alle troupe dell'industria audiovisiva italiana direttamente colpite dallo stop alle produzioni sul territorio per la crisi legata al Coronavirus.
Netflix mette a disposizione un milione di euro per la costituzione del Fondo di Sostegno per la TV ed il Cinema nell'emergenza COVID-19, che sarà gestito da Italian Film Commissions e sarà destinato al supporto di emergenza a figure professionali dell'industria televisiva e cinematografica come ad es. elettricisti, montatori e truccatori, il cui lavoro è stato maggiormente colpito dalla pandemia in corso.”
Leggendo queste parole, non posso che esprimere apprezzamento per un’iniziativa diretta a contenere i disagi dei lavoratori del settore. I quali, anche quando la pandemia sarà ridotta a zero, avranno necessità di particolari cure per la ripartenza.
Infine, vorremo avere un suo parere sul modo in cui il mondo del cinema e dell’entertainment sta cercando di uscire dall’attuale crisi pandemica. Può raccontare ai nostri lettori qualcosa al riguardo?
Temo proprio che, per le peculiarità della attività, non sarà facile mettere in atto procedure che possano garantire il mantenimento delle misure sanitarie finalizzate ad evitare che sui luoghi di lavoro possano nascere nuovi focolai di contagio. Ma non è impossibile e si sta lavorando in questa direzione, in coordinamento con le Amministrazioni competenti del Governo. Anche se bisogna sin d’ora avere ben presente che le imprese che ripartiranno dovranno affrontare costi molto più elevati, rispetto a prima dell’epidemia, per realizzare gli stessi prodotti.
Si possono prevedere tempi più lunghi e investimenti considerevoli in strumenti di sanificazione e mezzi necessari a garantire salute e prevenzione sui set, oltre che probabilmente un’analisi selle location e dei copioni con occhi diversi rispetto al passato. E per questo è diffusa la sensazione che la realizzazione delle opere cineaudiovisive non sarà tra le prime a poter riprendere appieno l’operatività di un tempo.
Tra l’altro questo è un settore che soffre degli stessi problemi in tutto il mondo e non solo in Italia. E’ un’industria globale, e molte ripercussioni dal resto del mondo si avvertiranno anche nel nostro Paese e peseranno su imprese e lavoratori. Forse sto sognando quando penso che, quantomeno a livello europeo, possano essere prese misure specifiche per tutto questo comparto.