Pensioni: un argomento destinato a tornare attuale. L'ipotesi riforma era un capitolo che si immaginava di poter affrontare in primavera, ma le note vicende legate al Covid hanno posticipato ogni discorso. Se ne tornerà a parlare il prossimo 8 settembre, data per la quale è fissato un incontro tra il governo e i sindacati. Un momento fondamentale se si considera che l'appuntamento potrà servire a validare gli eventuali cambiamenti del sistema previdenziale come possibile ammortizzatore per gestire le crisi aziendali. Presto, infatti, lo stop ai licenziamenti in ragione della situazione emergenziale sarà revocato.
E a quel punto potrebbe essere necessario trovare soluzioni per le figure professionali più difficili da reinserire nel mondo del lavoro nel panorama di un sistema economico in affanno.
Pensioni: Quota 100 in esaurimento, legge Fornero sempre in vigore
A rendere necessari dei cambiamenti è la scadenza 2021. A partire dal 2022 l'esaurimento della misura opzionale Quota 100 rischia di generare il così detto scalone. In sostanza: venendo meno la possibilità di uscire in anticipo con la cessazione della misura voluta dal governo Lega-M5s, una persona potrebbe arrivare ad avere facoltà di andare in pensione ben cinque anni dopo rispetto a chi, l'anno prima, aveva beneficiato dell'opzione.
Senza uscita anticipata l'unica possibilità di congedarsi dal mondo del lavoro è percorrere i binari della Legge Fornero.
Si, perché al di là della propaganda politica, la legge portante del sistema previdenziale non è mai cambiata dai tempi del governo Monti.
Riforma pensioni: flessibilità è la parola chiave
Da tempo da diverse componenti si ascolta quella che può essere considerata la parola chiave in relazione a possibili cambiamenti sul tema pensioni: flessibilità.
E sarebbe flessibile un meccanismo che potrebbe rendere possibile l'uscita a 62 o 64 anni. La proposta che, secondo Il Sole 24 ore, sarà portata al tavolo del prossimo vertice dovrebbe prevedere un'anzianità contributiva minima di 38 anni o addirittura 36. Tutto, però, sarebbe subordinato a ciò che il quotidiano economico definisce come "un agganciamento pieno al sistema contributivo puro".
Questo si tradurrebbe in una riduzione del trattamento che sarebbe del 2,8-3% per ogni anno di uscita anticipata rispetto al limite della pensione di vecchiaia (67 anni).
Lavoratori precoci nelle attenzioni dei sindacati con Quota 41
Secondo quelle che sono le previsioni fatte da Il Sole 24 ore non si tratterebbe di una proposta gradita ai sindacati. Loro, però, vorrebbero spingere a corredo il loro progetto quota 41. Puntano, infatti, a garantire ai lavoratori precoci la possibilità di andare in pensione 41 anni di contribuzione, indipendentemente dall'aspetto anagrafico. Si tratta comunque di discorsi che, al momento, possono essere considerati in fase embrionale, tenuto conto che ogni valutazione e decisione dipenderà anche dalla fattibilità economica delle proposte. Il confronto è comunque pronto a partire.