Pensioni e una riforma destinata a slittare. Il Covid costringe il governo a cambiare la propria agenda e a rivedere i tempi di una revisione del sistema pensionistico che si immaginava si potesse iniziare a discutere già nella scorsa primavera. Gli effetti della pandemia da coronavirus impongono priorità di tipo sanitario, ma prima o poi si tornerà a parlare di altro. Pensioni comprese. E ci sarà, per certi versi, da raccogliere i cocci di un sistema già fragile e che potrebbe subire le conseguenze della frenata economica degli ultimi mesi. Strascichi negativi di cui ha già parlato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, nel corso del webinar organizzato dall'Università Bocconi e da Deutsche Bank.

Pensioni: dopo Quota 100 c'è il rischio scalone

La necessità di una riforma del sistema pensionistico deriva dalle contingenze. Alla fine del 2021 Quota 100 andrà ad esaurimento. Venuta meno la misura opzionale per l'uscita anticipata, si potrà uscire dal mondo del lavoro solo con la legge portante: la Fornero. Dunque o a 67 anni con la pensione di vecchiaia o con la pensione anticipata 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne). L'urgenza resta perciò quella di individuare una soluzione in vista dello scalone previsto per il 2022. A partire da quella scadenza ogni lavoratore sarà costretta a lavorare fino a cinque anni in più rispetto a chi ha un anno in più e nel 2021 ha avuto l'opportunità di sfruttare Quota 100.

Riforma pensioni: tante incognite e il Covid sarà un fattore negativo

Ogni intervento mira ad essere chirurgico. L'obiettivo è far coesistere le richieste delle parti sociali e soprattutto la necessità di far quadrare i conti. Proprio Elsa Fornero ricorda spesso quanto la sua legge fu una sorta di costrizione per preservare il sistema e non far pagare dazio alle nuove generazioni.

Il Covid, in tal senso, potrebbe essere una vera e propria tegola. Lo si evince anche dalle parole di Ignazio Visco: "L'impatto sui sistemi pensionistici - ha spiegato - sarà per lo meno nel breve periodo significativo. I sistemi a capitalizzazione risentiranno del calo registrato dai rendimenti finanziari (che riduce il valore del montante accumulato) e l'aumento della disoccupazione avrà l'effetto di ridurrei versamenti dei lavoratori ai fondi".

Una parte dei calcoli necessari a calcolare l'assegno di ciascun individuo destinato ad andare in pensione è basato anche sul Pil e non serve essere strateghi del mondo finanziario per dedurre quanto la crisi economica conseguente alla pandemia si stia abattendo sul reddito del paese.

Il calo degli occupati e una significativa richiesta di pensionamenti anticipati da parte chi ha perso il lavoro renderanno ancora più problematica la quadratura dei conti. E chissà che questi effetti non pesino sulla nuova riforma. Come se non bastassero i dati anagrafici che raccontano di un'Italia con sempre più persone destinate a volgere verso l'età pensionabile e meno giovani chiamati ad entrare nel mondo del lavoro, anche per mancanza di esso.