La Covid potrebbe bloccare la pensione di vecchiaia a 67 anni anche dopo il 2022. È lo scenario che potrebbe presentarsi nel momento in cui, nel prossimo autunno, si andrà a calcolare l'aspettativa di vita a partire dai 65 anni e si determineranno gli incrementi dei requisiti di uscita per il biennio 2023-2024.

I dati statistici pre-Covid avevano delineato un aumento dell'età pensionabile a 67 anni e tre mesi. A rifare i calcoli dopo un anno e mezzo di Covid, invece, si scopre che l'aspettativa di vita ha smesso di crescere. Anzi, si è abbassata di 13 mesi a livello nazionale, un valore in decrescita mai avvenuto nel dopoguerra.

Il blocco dell'aspettativa di vita si tradurrebbe in un numero più elevato di lavoratori che potrebbero andare in pensione entro la fine del 2024.

Pensioni di vecchiaia: l'aspettativa di vita potrebbe bloccare uscita a 67 anni anche nel 2023-2024

Il meccanismo dell'aspettativa di vita per determinare l'età di uscita della pensione di vecchiaia e i contributi necessari per la pensione anticipata si basa sull'aspettativa di vita: se questa sale, conseguentemente salgono anche i requisiti delle Pensioni, con un limite massimo di tre mesi ogni due anni. L'eventuale tempo in eccedenza va "a debito" per poi essere recuperato nel biennio successivo. Se l'aspettativa scende, i requisiti delle pensioni restano invariati, ma la parte negativa va "a credito" degli incrementi del biennio successivo.

L'adeguamento dell'aspettativa di vita per le sole pensioni di vecchiaia (quelle anticipate manterranno i contributi necessari fino al 2026) per il biennio 2023-2024 deriva dalla differenza tra la media dell'incremento di speranza di vita registrata nel 2019-2020 e la media del 2017-2028.

L'effetto Covid sull'aspettativa di vita del 2020, con l'alta mortalità registrata soprattutto tra gli ultra 65enni, in attesa delle conferme dell'Istat, dovrebbe far registrare un saldo di incremento negativo, pari a tre mesi.

Per questo motivo, appare molto improbabile che la pensione di vecchiaia nel 2023-2024 possa subire l'incremento e passare a 67 anni e tre mesi come i dati Istat facevano ipotizzare nel periodo pre-Covid.

Pensioni fino al 2026, Covid potrebbe bloccare la vecchiaia, requisiti invariati per le pensioni anticipate

Addirittura, "il credito" dei tre mesi nel meccanismo dell'aspettativa di vita nel calcolo dei requisiti delle pensioni potrebbe persistere anche nel biennio 2025-2026, andando a pareggiare il mancato incremento delle pensioni anticipate deciso per decreto (il numero 4 del 2019), lo stesso che ha istituito la quota 100.

In caso di ripresa dell'aspettativa di vita sui livelli pre-Covid, l'incremento dell'età di uscita delle pensioni potrebbe tornare a galoppare, fino ad avvicinarsi ai 68 anni nel 2030, e a far superare i 43 anni di contributi per le pensioni anticipate.

Pensioni: chi esce nel 2021 e nel 2022

In base agli attuali requisiti, confermati fino a tutto il 2022, nell'anno in corso potranno andare in pensione di vecchiaia, unitamente ad almeno 20 anni di contributi, i nati entro il 31 dicembre 1954, mentre per l'anno prossimo in uscita saranno tutti i lavoratori nati entro la fine del 1955.

Ipotizzando che l'età delle pensioni di vecchiaia rimanga invariata a 67 anni anche nel biennio successivo, nel 2023 uscirebbero i nati entro il 31 dicembre 1956: il requisito bloccato dell'età permetterebbe ai nati tra ottobre e dicembre del 1956 di poter andare in pensione nel 2023 e di non dover attendere il 2024 per l'uscita al compimento dei 67 anni e tre mesi come sarebbe stato se non ci fosse stata la Covid.

Platea di uscite allargata anche per il 2024: con i 67 anni invariati andrebbero in pensione i nati entro il 31 dicembre 1957, includendo anche i nati negli ultimi tre mesi che sarebbero rimasti esclusi da un innalzamento dei requisiti a 67 anni e tre mesi.

Pensioni di vecchiaia, quali in uscita fino al 2026

È troppo presto per fare delle previsioni sulle pensioni per il 2025 e 2026, ovvero sul biennio successivo. Di certo, è possibile ipotizzare due scenari: il primo è quello di un'aspettativa di vita che torni ad aumentare ma di poco. In tal caso, le pensioni anche per il biennio 2025-2026 dovrebbero rimanere invariate a 67 anni, con uscita nel primo anno dei nati entro il 31 dicembre 1958 e, nel secondo anno, dei nati entro la fine del 1959.

Diversamente, se l'aspettativa di vita dovesse tornare a crescere di molto, tanto da far registrare i tre mesi "a debito", le pensioni di vecchiaia potrebbero aumentare a 67 anni e tre mesi. In tal caso, nel 2025 andrebbero in pensione i nati entro fine settembre del 1958 (con taglio della platea delle uscite ai nati negli ultimi tre mesi dell'anno), ed entro settembre del 1959 per le pensioni del 2026.