Seguendo analisi e studi, il problema-lavoro Italia (che riguarda non solo i giovani, ma oramai tutte le fasce di età) non sembra dipendere dalla più o meno flessibilità del mercato, bensì dalla forte dispersione della qualità lavorativa e di risorse. Una sorta di declino esperienziale e culturale che il Paese ha subito suo malgrado non solo per effetto della globalizzazione, ma anche e soprattutto per la mancanza di una classe dirigente capace di progetto e di lungimiranza.

Insomma, il problema lavoro e una buona dose di dissanguamento di uno dei paesi da sempre caratterizzati da cultura, inventiva, capacità creativa, non è il prodotto dei fattori di rigidità o flessibilità del mercato e delle innumerevoli leggi di riforma sull'occupazione (a giudizio di molti analisti, in Italia il lavoro è molto più flessibile che in Francia), ma dalla perdita esponenziale delle risorse.

In sintesi, anzichè esportare democrazia e creazione, l'Italia negli ultimi due decenni ha importato i metodi peggiori della globalizzazione, come sopraffatta in quanto assente di progetti, di scenari, di nuove visibilità e capacità imprenditoriale. Il tutto condito da una classe di dirigenti molto spesso non in grado di affrontare nè le trasformazioni del mondo lavorativo, nè di avere capacità e osservazione al rinnovamento. Dirigenti come spesso burocrati.

In altre parole, il lavoro non si sviluppa contenendo i redditi di chi lavora (o cinesizzando l'Italia in termini di diritti e di redditi) ma pensando in grande allo sviluppo industriale o artigianale. In effetti, negli ultimi due decenni nel Bel Paese si è perduto di tutto, dal valore artigianale di vecchi mestieri, alle politiche industriali semi distrutte da un sistema talora parassitario di assistenza allo e dello Stato.

A quando, allora, una rapida riscossa? Qualcuno vede nel duo Landini-Renzi (o Renzi -Landini) la formula nuova di pensare al mondo del lavoro, che significa in primis pensare al Paese. Più di qualcosa li accomuna, da un certo pragmatismo ad un linguaggio e un pensiero diretto. E forse dal fatto che ambedue appaiono più innovatori del catastrofico conservatorismo di tutta la classe dirigente che fino ad oggi si è presentata sul palcoscenico italiano. (a.f.)