La cronaca politica diquesti giorni fa riflettere.

9 Maggio 2013l’ex ministro ClaudioScajola viene arrestato per aver protetto la latitanza delsenatore Matacena ritenuto, colpevole di concorso esterno in associazionemafiosa.

Stesso giorno: i massimi verticidell’Expo 2015 ed il senatore Grillo vengono arrestati perassociazione a delinquere e corruzione.

Stesso giorno: prima giornata aiservizi sociali dell’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi inseguito alla condanna del processo Mediaset.

A questo quadro si aggiungano lenumerose inchieste che coinvolgono quasi tutti i consigli regionalidella penisola e gli scandali finanziarila definizione di“eroe” che recentemente il fratello dell’ex parlamentare Dell’Utri(dopo Berlusconi) ha dato del passato stalliere di Arcore, Vittorio Mangano;  lalatitanza dello stesso fondatore di Forza Italia in seguito a unacondanna per concorso esterno in associazione mafiosa;  si ricordipoi  Giulio Andreotti, riconosciutocolpevole di associazione a delinquere  fino alla primavera del 1980.  Infine,si pensi a Genny  ‘a Carogna ed ai fatti accadutirecentemente a Roma, sotto gli sguardi quasi indifferenti delle piùalte cariche dello stato.

Tutte facce della stessa medaglia per le quali èscattato il “j’accuse” dei cittadini.

Come mai, allora, nonostante lagenerale indignazione, questi fatti si reiterano frequentemente?

Condannare questi fenomeni pensando di“esserne fuori” appare sicuramente funzionale mediaticamente e tranquillizzante perla coscienza, ma poco credibile.

Se si pensa che questi fatti hannoradici lontane  (l’Italia è stata governata da una certa classedirigente per moltissimi anni e chi l’ha votata?) ed hanno condizionatopesantemente la storia della nazione,  non senza vittime, si può ben comprendere comecollusioni e tolleranza di certi atteggiamenti rappresentino l’humusdel vivere del Bel Paese.

Dalla  raccomandazione  perottenere un lavoro al compromesso più o meno legale per raggiungere unobiettivo; dall’ipocrita pugno duro per la morale sessuale e magari lafrequenza dei luoghi di culto, alla contemporanea evasione fiscale.

Quelliappena elencati rappresentano solo alcuni degli atteggiamenti che molti “indignados”della corruzione italica spesso mettono in azione.  Cittadinivotanti che, nel tempo, hanno badato molto più al tornaconto di parte o difazione che a fondare una coscienza etica e critica del vivere quotidiano.

Politica, economia, istituzioni del Paesenon sono altro che lo specchio fedele di un costume comportamentale popolare, sedimentatosinegli anni, che ha consacrato la legge del più furbo a scapitodi quella del più preparato.

Tutto ciò ha reso l’Italia una nazionefondamentalmente mediocre, incui le eccellenze o più semplicemente  i capaci, tendenzialmente,devono fuggire o non riescono ad emergere, con conseguenti enormi danni etici,economici e sociali.

Sarebbe più onesto riconoscere, allora, daparte di tutti, che le attuali classi politiche ed imprenditoriali dellanazione non rappresentano la causa di ogni male, bensìil sintomo di una patologia più complessa, fortemente radicatanelle abitudini del popolo.

Da tale ammissione e dalle azioniconseguenti di ogni italiano, forse, si potrebbe finalmente ripartire,innescare, nel tempo (e non poco) un lento e graduale contagio dalbasso verso l’alto: ne va del nostro futuro e, soprattutto, di quello delleprossime generazioni a cui, nolenti o volenti, si è chiamati a dare l’esempio.