Il tema previdenziale, in particolare quello pensionistico, in questi anni è riuscito a coinvolgere in modo passionale e costante non solo il mondo politico e sindacale, ma anche universitario, con riflessioni, proposte, ipotesi e controproposte di interventi per cambiare o semplicemente modificare le vigenti disposizioni sulle modalità e tempi per l'uscita dal mondo del lavoro. Quante sono state le ipotesi d'intervento, tante sono state le riflessioni pro o contro di esse, con motivazioni spesso condivise e spesso rigettate.

Il pensiero di Daniele Cirioli per modificare il sistema pensionistico italiano

Oggi vi riportiamo il pensiero di una voce fuori dall'ambito politico-sindacale, quella di Daniele Cirioli, ricercatore ed esperto di tematiche previdenziali, collaboratore di diverse testate tra cui il quotidiano Italia Oggi. Le sue riflessioni apportano un contributo nuovo e sotto certi punti di vista fuori dal comune. Cirioli parte dalla considerazione che oggi la questione pensionistica è legata alle scelte e alle volontà politiche del governo del momento e dei partiti che lo reggono; a parer suo si tratta di una “filosofia” sbagliata. In questo modo si rincorre continuamente l'emergenza. Egli sostiene, infatti, che non può essere un governo o una coalizione di partiti a determinare l'uscita dal mondo del lavoro, l'età o il momento.

Deve essere il lavoratore a decidere come, con quanto e quando andare in pensione.

Pur schierandosi a favore della proposta di Cesare Damiano sull'uscita a 41 anni, Cirioli non la ritiene sufficiente né in grado di risolvere strutturalmente la questione pensionistica. E' accettabile perché fissa una data certa di uscita: un lavoratore sa che al raggiungimento di 41 anni di contributi potrà smettere di lavorare.

Oggi, invece, con l'automatismo della “speranza di vita”, chi entra nel mondo del lavoro non sa quando ne uscirà. È un meccanismo profondamente iniquo e sbagliato, secondo lui.

La proposta di Cerioli: liberalizzare l'uscita dal mondo del lavoro

L'aspetto non convincente della proposta Damiano è che servirebbe solo a risolvere un problema.

In base al pensiero di Cirioli, infatti, si tratta di un'ipotesi “tampone”. Occorre invece radicalizzare le scelte, risolverle alle origini, magari liberalizzando il sistema pensionistico, facendo sì che i lavoratori diventino gli “artefici” della loro pensione. Essi - dice Cerioli - devono poter decidere quanti contributi versare e quando andare in pensione e dunque con quale assegno andarci. Solo così potremmo dire di aver modificato il sistema pensionistico italiano.

Sarà vero? I nostri governanti potranno accettare soluzioni così radicali?

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