Silvio Berlusconi intervienesul referendum di ottobre, che sancirà o meno il passaggio di una riforma costituzionale, per molti passaggio essenziale ed esiziale per le sorti del governo Renzi.

Il Cavaliere denuncia a gran voce il rischio di un assetto costituzionale simile ad un regime, qualora si palesasse la maggioranza dei SI nelle urne ad ottobre. L'ex presidente del Consiglio mette in guardia gli elettori: "Se il referendum di ottobre avrà il via libera, con il combinato disposto della nuova legge elettorale, si avrà un qualcosa di molto simile ad un regime".

Intervenuto ai margini della presentazione della lista azzurra per le comunali di Milano, Berlusconi si è detto "seriamente preoccupato" dell'eventualità di un esito referendario positivo per la riforma Boschi.

Il Cavaliere e l'incoerenza: una storia d'amore

A pensarci bene, queste frasi dette da uno come Silvio Berlusconi, non è che passino proprio inosservate. Attenzione, non per la loro inesattezza, quella la diamo per scontata. Ma ci torna alla mente uno degli ultimi progetti del Cav, prima della sua débacle parlamentare, poi divenuta giudiziaria. Ebbene sì, Silvio Berlusconi era colui che gridava alla necessità di una riforma radicale del testo costituzionale, paventando l'ipotesi di istituire un'elezione diretta del Presidente della Repubblica (condivisibile, ma anacronistica ed inopportuna, date le funzioni del Parlamento e stante l'assetto di democrazia rappresentativa), ma soprattutto si è fatto sostenitore del presidenzialismo alla francese, applicato in Italia.

Chiedeva che la costituzione fosse riformata in maniera tale da permettere al presidente del consiglio di poter "licenziare" un ministro, di poter adottare individualmente decreti legge e decreti legislativi, senza il benestare necessario del Capo dello Stato.

In un'intervista rilasciata a Repubblica, in data 5 giugno 2013, Berlusconi si espresse così: "Mi auguro che la maggioranza possa varare le riforme della Costituzione indispensabili per governare il Paese: ovvero un presidente del consiglio capace di nominare e cambiare i propri ministri, che possa godere di uno strumento come il decreto legge senza essere sottoposto al vaglio del Capo dello Stato, che possa vedere l'approvazione di un ddl in 90-120 giorni da una sola camera, dimezzata nel numero dei suoi componenti".

Che bella cosa la coerenza. Perderla e non rendersene conto, come nel caso di Berlusconi. Anzi no, perderla ne presuppone un precedente possedimento, e non pare proprio questo il caso.

Insomma, il Berlusconi del 2016 contraddice quello del 2013. La riforma Boschi prevede infatti che nell'iter legislativo intervenga esclusivamente la Camera, non più il Senato, divenuto Camera delle autonomie, che avrà voce in capitolo solo in determinate circostanze (elezione del Presidente della Repubblica, nomina di 5 giudici della Corte Costituzionale ecc.).

Ne deriva un consistente taglio dei tempi per l'approvazione di una legge in generale, conseguentemente di tutti gli atti adottati dal Governo. Proprio ciò che auspicava il Cavaliere.

C'è di peggio! Berlusconi escogitava l'aggravante: un presidente del consiglio libero di licenziare un suo ministro e di adottare decreti legge senza il controllo di nessuno! Prefigurava, quindi, un Parlamento in mano ad un singolo despota, libero di agire e di spadroneggiare in barba alle regole e a quei paletti che la nostra costituzione fissa e che la riforma Boschi, invece, mantiene.

Quella tra Berlusconi e l'incoerenza è una storia d'amore longeva, resistente alle intemperie ed alle malelingue della stampa, che ancora tenta, invano, di darle una spiegazione.