Egregio Ministro dell’Interno dott. Marco Minniti,

Ha fatto scandalo la notizia riportata dalla stampa riguardo un minore di Padova allontanato dalla famiglia perché, secondo il Tribunale, “il suo mondo affettivo risultava legato quasi esclusivamente a figure femminili e la relazione con la madre appariva connotata da aspetti di dipendenza, soprattutto riferendosi a relazioni diadiche con conseguente difficoltà di identificazione sessuale”. Il Tribunale sostiene di “non avere preconcetti relativi alle tendenze legate alla sfera sessuale”, ma questa decisione rappresenta comunque un precedente pericoloso.

Tra i motivi dell’allontanamento addotti dal Tribunale ci sarebbe anche il “disturbo di personalità” del minore. Scrivono i giudici: “Nella relazione con i pari e gli adulti è aggressivo, provocatorio, maleducato, tende a fare l’eccentrico. Tende in tutti i modi ad affermare che è diverso e ostenta atteggiamenti effeminati in modo provocatorio”. Il Presidente del Tribunale Maria Teresa Rossi, ha precisato che: “Non allontaniamo un minore dalla famiglia perché ha un atteggiamento effeminato e non facciamo discriminazioni di natura sessuale o di tendenza. … Ogni provvedimento che limita la responsabilità genitoriale è legato a una visione complessiva che riguarda l’adeguatezza o meno dei genitori a svolgere il proprio ruolo e la tutela del minore, che è il nostro interesse primario.”

Ricordiamo come, secondo quanto riportato dalla stampa, nelle sue motivazioni il Tribunale abbia sostenuto che: “Il lavoro terapeutico non risulta possibile nel contesto familiare attuale in quanto non vi sono genitori in grado di sostenere attivamente una psicoterapia del ragazzo.

È necessario che il ragazzo possa essere libero da condizionamenti e consapevole della necessità di un lavoro su sé stesso”. Si tratta dunque, di fatto, di un Trattamento Sanitario Obbligatorio a tempo indeterminato, contrario alla volontà del ragazzo e a quella dei genitori.

Questo non è l’unico caso di provvedimenti di limitazione della responsabilità genitoriale in assenza di atti conclamati di violenza o abuso, ma basato principalmente su perizie psichiatriche di problemi comportamentali o disagi psichici veri o presunti.

Ricordiamo il caso del sedicenne di Bassano, trasferito in una comunità protetta nel 2013 su ordine del Tribunale per i Minori di Venezia perché la famiglia si rifiutava di fargli assumere psicofarmaci (decisione poi ribaltata in Appello).

Queste decisioni prese nei confronti di minori affetti da problemi comportamentali violano l’articolo 13, l’art.

30 e l’art. 32 della Costituzione Italiana e sono, di fatto, dei trattamenti sanitari obbligatori imposti a dei bambini. Se in contrasto con la volontà manifestata dal minore, violano altresì l’art. 12 comma 2 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge del 27 maggio 1991 n. 176, e l’art. 10 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e ratificata con legge del 20 marzo 2003 n. 77.

I giudici dovrebbero riprendere il loro ruolo di perito dei periti, usando buon senso nelle loro decisioni, senza affidarsi in maniera acritica alla perizia psicologica.

I genitori di un ragazzo possono non essere perfetti (e cos’è un genitore perfetto?) ma, quasi sempre, sono i migliori genitori possibili per quel ragazzo. L’allontanamento dovrebbe essere applicato solo in casi conclamati di violenza o abuso (documentati da prove oggettive – non da perizie psichiatriche), perché l’eccesso di zelo di alcuni operatori psico-sanitari conduce ad allontanamenti per futili motivi, facendo più male che bene.

Firmata da 154 cittadini e 15 associazioni e gruppi