Gli immensi incendi in atto nella foresta amazzonica in Brasile riportano alla ribalta la questione ambientale. Lo scorso anno sono stati assassinati più di 160 difensori dell'Ambiente nel mondo, almeno 164, secondo l'ultimo rapporto dell'osservatorio della Ong Global Witness. Tradotto in altri termini, ogni settimana più di tre persone sono state uccise a causa del loro impegno a difesa dell'ambiente e della loro terra. Più della metà degli assassinii sono avvenuti in America Latina, sebbene al primo posto figurino le Filippine, dove sono state registrate ben 30 uccisioni legate alla difesa dell'ambiente.

A seguire, la Colombia con 24 e l'India con 23.

In Guatemala, tuttavia, l'incremento è stato impressionante, passando dai 3 del 2017 ai 16 dell'anno successivo. Il piccolo Paese del centro America sembra così scoprirsi il più pericoloso del mondo per gli ecologisti e non si rilevano segni di miglioramento per l'anno in divenire. Proprio a fine luglio scorso, infatti, il leader comunitario del Codeca (Comité de Desarrollo Campesino de Guatemale), Jorge Juc Cucul, all'età di 77 anni, è stato assassinato. Da sempre impegnato a contrastare i disastri ambientali della propria terra, l'attivista guatemalteco è stato ucciso nel dipartimento di Izabal, dopo che altri sette suoi compagni di battaglia avevano subito la stessa sorte, due dei quali il 5 luglio scorso, Isidro Pérez y Pérez di 85 anni e Melesio Ramìrez di 70.

L'eccidio conclamato delle comunità indigene della foresta amazzonica

La strenua resistenza delle comunità indigene dell'Amazzonia sarà forse ricordata come un assassinio nei libri di storia. Questi popoli stanno bruciando assieme alla foresta. Se non è un colpo di pistola o di machete, saranno i fumi degli incendi, saranno le sostanze tossiche delle loro acque a dar loro il colpo di grazia.

E' successo a fine luglio scorso. Una cinquantina di minatori clandestini, i cosiddetti garimpeiros, armati di fucili automatici, minacciavano di massacrare gli indigeni Wayapi in un territorio presumibilmente pieno d'oro. Dopo giorni di tensione e a seguito delle richieste di aiuto lanciate dalla comunità indigena, la polizia federale è stata mobilitata per eseguire un'operazione sul territorio indigeno e svelare i presunti crimini.

Nel frattempo, il Presidente brasiliano Bolsonaro ha dichiarato di voler 'legalizzare' la ricerca d'oro in queste riserve e prende così sempre più forma il sospetto che sia stato proprio lui a concedere permessi per attività illegali di disboscamento, coltivazione ed estrazione. Il garimpeiro è chiunque vada in mezzo alla foresta alla ricerca di oro. Un ampio servizio fotografico, nonché una grande impresa umana, è stato compiuto dal fotografo Sebastiao Salgado per testimoniare le tragiche vicende delle miniere d'oro in Brasile. Una volta trovato, dall'oro vanno estratte tutte le componenti minerali. A tal fine, servono molte sostanze tossiche all'ambiente, tra cui il mercurio che va a contaminare le acque che bagnano le comunità indigene.

Si decreta così l'assassinio silenzioso di queste comunità.

La domanda cruciale è se la legislazione brasiliana stia cambiando davvero

Non è facile cambiare la legislazione, poiché è la stessa Costituzione brasiliana che si pone a chiare lettere a difesa della foresta amazzonica. Tuttavia, spesso la Costituzione non basta. Nel frattempo, la resistenza indigena continua e il web si è unito in suo favore in un abbraccio più o meno utile ai loro fini e sotto l'egida dell'hashtag #PrayforAmazonas. Come disse una volta Salvador Allende: "Vale la pena morire per le cose senza le quali non vale la pena vivere".