Da nemici giurati a inseparabili, dalle prime reciproche aperture governiste di agosto, Pd e 5 Stelle ricordano un po' quegli adolescenti che fingendosi indifferenti e ostili gli uni agli altri, si tengono la mano sotto il banco. Ormai tutta la classe sa bene che la liason esiste, ma loro pubblicamente continuano a ignorarsi, a fingere antipatia e insofferenza, salvo tradire la recita ogni volta che i fatti li mettono alla prova.

Di Maio apre al Pd in Umbria

Fuor di metafora: il capo politico dei 5 stelle fino a ieri considerava "non all'ordine del giorno" la possibilità di un'alleanza con il Pd per le elezioni regionali.

In particolare, il riferimento indicava l'appuntamento elettorale del 27 ottobre in Umbria. Proposito che sembrava solido come la pietra da parte dei 5 Stelle, quello di rinunciare all'inciucio con l'arcinemico di ieri e di presentarsi soli e puri all'elettorato umbro. Già stamattina però la situazione è cambiata radicalmente: una lettera di Di Maio a La Nazione spiega come davanti allo sfascio della situazione umbra (regione investita dagli scandali sulla sanità) sia necessario adoperarsi per sostenere un candidato civico comune. Di Maio in sostanza accorda al Pd un surrogato dell'alleanza di cui i democratici avevano ventilato l'ipotesi nei giorni scorsi. E' evidente che non è il carattere catastrofico degli episodi di corruzione in Umbria a preoccupare il capo dei 5 Stelle e i notabili del Pd, ma l'idea che la regione possa finire irrimediabilmente in mano alla Lega di Salvini.

Nulla unisce più di un nemico comune, si sa, e Salvini ha promesso guerra totale, forte del consenso popolare di cui gode ancora. Il centrodestra unito in Umbria potrebbe conquistare la più large fetta di consenso, un fronte comune alle regionali appare come unica speranza, anche perché la prossima a cadere potrebbe essere l'Emilia-Romagna che, pur non toccata da alcuno scandalo, non è immune alla crescita di consenso di Salvini.

La Lega infatti alle elezioni europee di maggio è risultata essere il partito più votato in Regione e alle comunali concomitanti molte roccaforti storiche della sinistra, da Ferrara a Sassuolo, sono state espugnate dalla Lega.

L'esigenza di bluffare

Comprensibile dunque la virata di Di Maio che nel tentativo (vano) di mascherare l'intenzione di allearsi con il Pd per scongiurare il rischio Salvini, propone un Patto civico, già additato come "atto disperato" da parte del leader leghista.

E' un'esigenza quella del bluff, per Di Maio e per i suoi, fingere sempre di non volere alleanze e poi cedere all'ultimo. D'altronde, in politica non si può certo dire tutto: di solito è preferibile l'applicazione di un maquillage, anche se poco credibile, come il Patto civico, piuttosto che la durezza di un espressione che sa di manifesto rinnegamento delle origini: alleanza. Dopo aver stipulato un patto di Governo (benedetto anche dai più influenti opinion maker vicini al Movimento), non c'era ragione di regalare a Salvini le regioni, meglio procedere sulla via del patto, stavolta "civico".