Con i 5 gol rifilati al Bologna, il Milan arriva a quota 25 reti in queste 8 partite post lockdown, una media di 3 gol a partita, qualcosa che da quelle parti non si vedeva da quasi 10 anni. Un fatto eccezionale, se pensiamo a come era iniziata la stagione dei rossoneri. E dopo l'esonero di Giampaolo le cose non erano cambiate molto, il Milan aveva continuato a galleggiare nelle zone di centro classifica, incapace di dare continuità ai suoi rendimenti. L'arrivo di Ibrahimovic ha dato un nuovo volto a questa squadra, compattando un gruppo che prima non poteva dirsi tale, ma mancava ancora qualcosa.
Il lockdown
L'interruzione del campionato ha probabilmente dato a Stefano Pioli la possibilità di mettere mano alla squadra, facendo quella preparazione atletica che non aveva potuto svolgere a inizio campionato, prendendo le redini del Milan in corso d'opera, e dando così la sua personale impronta al gruppo. Il Milan post Covid è tutta un'altra storia: vince, convince, si diverte e fa divertire, tutti verbi che non comparivano vicino a "Milan" da tempo immemore, se non preceduti dalla negazione.
Rivoluzione in vista
Però quella prima parte di stagione, per la verità quasi due terzi, fatta di stenti e scivoloni non è passata inosservata dalla proprietà rossonera. Elliott si era già mossa per mettere le cose a posto in vista della prossima stagione, e il nome di Ralf Rangnick è apparso in quel di Milanello già ad inizio 2020, con il caso Boban a testimoniare i primi effetti di un uragano imminente in società.
Le decisioni calate dall'alto non sono piaciute un po' a nessuno per la verità, e anche Maldini, uno che sull'aplomb ci ha costruito una carriera, si è lasciato andare a qualche dichiarazione di troppo sull'argomento. Insomma, diciamocelo: nell'ambiente Milan sia tifosi che addetti ai lavori avevano già accettato l'idea di un'ennesima rivoluzione estiva già da diverso tempo.
Ma adesso? Beh, adesso è tutto diverso. I risultati sono arrivati, il tanto rimpianto gioco "da Milan" sembra essere tornato a vestire la casacca che lo ha reso proverbiale e famoso in tutto il mondo, e i tifosi non possono che apprezzare.
Davvero la scelta giusta?
Il lavoro di Pioli è sotto gli occhi di tutti, i numeri parlano e gridano a gran voce al miracolo tecnico che l'allenatore parmigiano è riuscito a compiere.
Il gruppo è affiatato come non mai, coeso intorno alla figura di Ibrahimovic che funge da guida per lo spogliatoio, il tutto accompagnato dall'esplosione di diversi giovani come Leao e Bennacer, e la consacrazione definitiva di altri giocatori quali Kessié, mai su questi livelli prima, Calhanoglu, Rebic e Theo Hernandez. Francamente penso che di mutamenti societari e cambi di guida tecnica se ne siano visti un po' troppi nel Milan di questa seconda decade del 2000; forse un po' di continuità non guasterebbe. Come già visto dopo l'addio di Gattuso, cambiare non vuol dire necessariamente migliorare, e probabilmente se i tifosi potessero accedere agli stadi non mancherebbero di sottolinearlo con cori e striscioni.
Forse solo questo, una parziale apertura degli stadi al pubblico, con la loro voce che torna a farsi sentire dal vivo, potrebbe far desistere la proprietà dal compiere l'ennesima rivoluzione, evitando l'inevitabile salto nel buio che rappresenterebbe l'arrivo di Rangnick. Qualcosa di cui, mi sento di poter dire, il Milan non ha assolutamente bisogno.