La Corte Suprema brasiliana ha recentemente lasciato decadere le accuse pendenti su Luiz Inácio Lula da Silva, ripristinandone i diritti politici e rendendolo nuovamente candidabile per le presidenziali brasiliane del 2022. La decisione promette di stravolgere lo scenario politico del Brasile, con Bolsonaro in evidente difficoltà a dover ritrattare uno dei pilastri della sua campagna politica, ovvero la corruzione che avrebbe caratterizzato l’operato del Partito dei Lavoratori (PT). Alla luce di quanto accaduto, diverse ombre iniziano a circondare le modalità con cui è stato condotto il processo a carico di Lula, il conseguente arresto e con cui è poi arrivata la vittoria elettorale della destra conservatrice.
Cronologia dei fatti
Nel 2016, Lula fu coinvolto nell’operazione Lava Jato, la mega inchiesta sulla corruzione e il riciclaggio di denaro che ha sconvolto il Brasile. Nello specifico, l’ex presidente fu accusato di aver intrattenuto relazioni sporche con varie aziende edilizie, offrendo favoritismi politici in cambio dell’uso esclusivo di alcune residenze sparse per il territorio brasiliano. Rispetto alle accuse, Lula si è sempre definito innocente, paventando la possibilità di essere stato bersagliato da un vero e proprio accanimento giudiziario volto a screditarlo politicamente. Tuttavia, nonostante le dichiarazioni d’innocenza, nel 2017 viene condannato in primo grado dal giudice Sergio Moro a nove anni e mezzo di carcere, restando libero in attesa dell’appello.
Successivamente, in secondo grado, la pena viene drasticamente aumentata fino a 12 anni di detenzione.
Così, il 7 aprile del 2018, l’ormai ex presidente si consegna spontaneamente alle forze dell’ordine, nonostante le accese proteste dei suoi sostenitori, accorsi in strada a difesa del proprio leader politico. L’arresto di Lula assume un’importanza decisiva nella misura in cui vengono fatti decadere i suoi diritti politici, rendendo impossibile la sua candidatura per le elezioni presidenziali dell’ottobre 2018, di fatto spianando la strada alla vittoria dell’attuale presidente Jair Bolsonaro.
Dopo 580 giorni in carcere, Lula viene rilasciato a causa dell’illegittimità costituzionale della sua detenzione, poiché non ancora condannato in via definitiva malgrado l’ulteriore inasprimento della pena a 17 anni richiesta dai magistrati. Nel frattempo, particolare importantissimo per le successive vicende, Bolsonaro ha vinto le presidenziali, nominando il nuovo patriota dell’anticorruzione brasiliana Sergio Moro come Ministro della Giustizia.
Gli ultimi sviluppi
Poco meno di un anno fa negli Usa è stata pubblicata un'inchiesta basata su una ricca quantità di documenti riservati, i quali mostrerebbero che il caso giudiziario nei confronti di Lula sarebbe stato pilotato al fine di impedirne la candidatura, favorendo in tal senso l’elezione di Bolsonaro. Il protagonista di questa vicenda sarebbe ancora una volta Sergio Moro. Secondo le documentazioni pubblicate, il giudice avrebbe fatto pressioni per incrementare l’impianto accusatorio nei confronti di Lula, infischiandosene dell’obbligo d’imparzialità che il suo ruolo presuppone.
L’inchiesta in questione ha inevitabilmente sollevato l’indignazione pubblica nei confronti di Moro, accusato di aver interferito nel regolare svolgimento della vita politica e giudiziaria del paese.
Nonostante le smentite provenienti dai palazzi istituzionali, il movente politico della condanna a Lula sembrerebbe emergere in modo netto e indiscutibile. Già all’epoca delle prime indagini sull’ex presidente, l’opinione pubblica cercò di puntare il dito sul coinvolgimento politico dei giudici. Con la pubblicazione dei documenti riservati, i dubbi sembrerebbero sparire del tutto, a maggior ragione dopo le curiose dimissioni dello stesso Moro, accordate immediatamente da Bolsonaro a causa di un presunto diverbio tra i due.
Qualche giorno fa, la Corte Suprema ha definitivamente prosciolto Lula da tutte le accuse. La sentenza è stata resa possibile proprio grazie all’inchiesta citata poc'anzi, la quale mostrerebbe, secondo la difesa, la persecuzione politica e giudiziaria subita da Lula.
Conseguentemente all’assoluzione, il leader della sinistra brasiliana ha riacquisito i propri diritti politici, tornando candidabile per le elezioni del 2022. Nonostante la sorpresa esternata dalle dichiarazioni di Bolsonaro, Lula si è già detto pronto a scendere nuovamente in campo, bocciando di fatto l’esperienza conservatrice neoliberale dell'attuale governo.
La discussione politica e mediatica sulle elezioni
L’inchiesta che vede protagonista il giudice Moro e la successiva assoluzione di Lula non si limitano a mettere in discussione le modalità del processo. Infatti, da un punto di vista mediatico oltre che politico, viene messa in discussione l’elezione stessa del presidente Bolsonaro, percepita dagli elettori di sinistra come una specie di "colpo di Stato" del neoliberismo conservatore in Brasile.
Il presidente Bolsonaro è notoriamente vicino a The Movement, l’organizzazione internazionale fondata da Steve Bannon al fine di promuovere il nazionalismo economico e il populismo di destra. Bannon, divenuto noto nell'ambito dello scandalo che ha coinvolto Cambridge Analytica, ha sviluppato una solida strategia digitale che, mediante l’utilizzo di algoritmi informatici e piattaforme social, permette di veicolare il consenso elettorale. In tal senso, alla luce di quanto accaduto, l’elezione di Bolsonaro sembrerebbe essere il risultato inevitabile di un’attenta strategia mediatica volta a promuovere la piega conservatrice e neoliberale delle politiche brasiliane.
D’altronde, rispetto ai governi di Lula, il cambio di direzione politica e sociale è evidente, in particolar modo per quanto riguarda la fascia più povera della popolazione, che in Brasile rappresenta un tessuto sociale talmente ampio da non poter essere sottovalutato.
In poco tempo, l’attuale presidente brasiliano ha cercato di riconsiderare le spese del Paese, andando a colpire tutti i settori pubblici che erano stati messi al centro del progetto sociale del PT. In altri termini, ha applicato alla lettera i dettami del pensiero economico neoliberista, da cui solo apparentemente dice di volersi separare.
L’assoluzione di Lula apre una nuova stagione di polemiche, rispetto alle quali Bolsonaro non può più tirarsi indietro. La popolazione brasiliana merita chiarezza su quanto accaduto, al fine di comprendere se la vittoria della destra sovranista sia sintomo di una reale volontà conservatrice degli elettori o un mero prodotto di marketing digitale e giudiziario.