Nonostante i cinque successi consecutivi in campionato che l'avevano addirittura portata a meno 6 dal primo posto, la sconfitta di ieri sera contro l'Atalanta (0-4) ha il sapore della disfatta per la Juventus, chiamata adesso a leccarsi le ferite e a ripartire nella speranza di centrare almeno l'ultimo obiettivo, quello del quarto posto in Serie A.
La debacle di ieri sera ha distrutto il sogno scudetto e se si considera che è arrivata a stretto giro dall'eliminazione dalle due coppe (Champions League e Coppa Italia) ben si comprende come il futuro di Thiago Motta in panchina sia più che in bilico.
L'impressione comunque è che lui non sia l'unico colpevole.
Uno spogliatoio senza leader
Una volta arrivato, Thiago Motta ha deciso di mettere alla porta i leader carismatici del gruppo finendo per svuotarlo della sua colonna vertebrale. A partire da Danilo e passando per i vari Szczęsny, Rabiot e Rugani.
Il risultato è stato quello di creare una Juventus senza personalità e incapace di reagire nei momenti difficili, priva di punti di riferimento solidi e con esperienza.
Il problema appare duplice, psicologico certo dato un gruppo inesperto e troppo fragile, ma anche tattico, e qui la responsabilità è soltanto dell'allenatore, che continua ad insistere con lo stesso modulo, il 4-2-3-1, nonostante infortuni e defezioni varie avrebbero a volte suggerito delle soluzioni diverse.
Quella di Thiago Motta sembra una scommessa già persa
Quando Motta è arrivato dal Bologna, l'idea era quella di edificare una Juventus dal gioco moderno, propositivo e per certi versi rivoluzionario. La realtà è stata ben diversa: una squadra spaesata, incapace di imporsi contro avversari modesti (come certificano i tanti pareggi contro squadre della parte destra della classifica, su tutti quelli con Lecce, Venezia ed Empoli) e frantumata nei momenti chiave. Il dogmatismo tattico del tecnico italo brasiliano, basato su un possesso palla spesso sterile ed orizzontale, ha reso la squadra prevedibile e poco incisiva. La scarsa capacità di reazione e la mancanza di un’identità chiara hanno poi fatto il resto.
Anche le dichiarazioni del post partita offerte sistematicamente dal tecnico sembrano suggerire una pressione insostenibile per spalle non troppo robuste ed esperte: "Abbiamo perso, così non parlerete più del sogno scudetto" ha sentenziato Motta.
La dirigenza a parole continua a confermarlo, ma l'impressione è che se anche dovesse arrivare il quarto posto la sua esperienza a Torino sembra già segnata.
Un vuoto di potere preoccupante e lo scollamento coi tifosi
A pesare su questa stagione fallimentare non è solo la guida tecnica, ma anche una società silenziosa, assente e incapace di prendere posizione. Il club ha sempre disposto di figure di grande peso e carisma, da Andrea Agnelli a Beppe Marotta, da Luciano Moggi (al netto degli errori commessi dall'ex dg) a Gianni Agnelli.
Oggi, invece, la società sembra priva di una vera guida e anche dopo le partite più nere, come quella di ieri sera, Thiago Motta viene lasciato da solo nelle dichiarazioni del post match. A complicare ancora di più il quadro lo scollamento coi tifosi: lo Stadium era sempre stato un fortino, oggi invece i supporter bianconeri contestano e fischiano esasperati dalle continue delusioni che non appaiono rispettose della maglia e della storia del club. Perdere si può, fa parte del gioco, ma il modo fa tutta la differenza del mondo.
La società adesso è a un bivio: insistere su un progetto che non convince o avere il coraggio di rifondare ancora una volta rivoluzionando non solo in panchina ma anche nei quadri dirigenziali.