E' una giornata storica per la piccola comunità cittadina della Repubblica di San Marino: infatti i suoi abitanti (33.600) sono chiamati a esprimersi su un referendum popolare che chiede loro un parere in merito ad aprire trattative per l'ingresso nell' Unione Europea.

Ma emerge l'incertezza su questa consultazione: difficile infatti raggiungere il quorum pari al 32%, anche se in abbinamento al quesito "europeo" è stato posto uno più sentito dalla popolazione, ossia che chiede di rivalutare le retribuzioni dei lavoratori dipendenti, i cui contratti sono scaduti, secondo il tasso di inflazione dell'anno precedente.

Gli schieramenti politici hanno condotto una campagna elettorale blanda e poco vigorosa e hanno idee ben definite e diverse tra loro: il Partito dei Socialisti e Democratici è favorevole all'ingresso nella comunità europea (così come Sinistra Unita, Unione per la Repubblica e le liste civiche "Per San Marino" e "Civico 10"), mentre Alleanza Popolare e Democrazia cristiana, i due partiti centristi, hanno lasciato ampia libertà di scelta.

Invece, fermamente contrari all'avvio delle procedure di ingresso sono i movimenti "La rete" e "Noi sanmarinesi", che sostengono il "Comitato per il no".

Alle ore 12 tuttavia il quorum appariva già vicino: 14 elettori su 100 hanno espresso il loro parere favorevole o contrario verso i due quesiti, pari 20% interni e 2% esteri, con una partecipazione record al 25,9% presso i due seggi del castello Faetano, seguito da Domagnano e Fiorentino.

Male invece Montegiardino, fermo al 16%.

L'eventuale esito positivo della consultazione popolare potrebbe tuttavia non essere determinante all'inizio delle trattative: infatti già nel 2010 la Commissione Europea pubblicò un documento indirizzato ai piccoli Stati europei, come San Marino e Andorra, in cui affermava che "le istituzioni europee al momento non sono adatte all'integrazione di stati così piccoli".

Di sicuro c'è che la crisi economica sta investendo anche il piccolo Stato del Monte Titano: perdita del 25% del PIL in quattro anni e disoccupazione più che quadruplicata, a causa di sempre più ingenti controlli di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate per arginare il fenomeno dei paradisi fiscali.