Chi romano lo è, non dovrebbesorprendersi più di tanto nell'apprendere dai giornali che la cittàrischia di fallire. Sa bene, infatti, quante sono state leamministrazioni precedenti a doversi battere con i medesimi problemifinanziari che ancora oggi investono l'Urbe, e sa bene quindiquanto anche l'attuale giunta Marino abbia penato per quadrarei conti, scongiurando così il rischio di un fallimento finanziario.

Ciò, almeno, fino all'ultimo colpo di scena; dopo infatti avertrovato una soluzione con il noto Decreto Salva Roma, varatoil 16 ottobre, ed inserito definitivamente nel testo della nuova Legge di Stabilità approvata solo qualche giorno fa con il voto difiducia della Camera, le recenti dichiarazioni del Capo dello Stato,Giorgio Napolitano, hanno di fatto mandato all'aria le inteseraggiunte tra l'attuale esecutivo e la giunta comunale, mettendo cosìin serio rischio la tenuta economica della Capitale.

Stando alle ultime notizie sembra chenella giornata di domani, venerdì 27 dicembre, ci sarà a palazzoChigi un urgente summit del Consiglio dei Ministri per inserire lesoluzioni adottate precedentemente all'interno del Decreto Mille Proroghe, dove rientreranno "le sole situazioniindifferibili, a cominciare dalle norme sulla base delle quali ilComune di Roma ha approvato il proprio bilancio", un escamotage chedovrebbe così scongiurare la minaccia di dissesto finanziario dellacittà.

La rinuncia al Decreto Salva-Roma, una realtà tra l'altro ègià prevista dall'attuale ordinamento, essendo disciplinatanell'ambito della cd. legge"Roma Capitale",varata il 3 ottobre 2010 dall'allora governo Berlusconi, checonferisce alla città maggiori autonomie statutarie,territoriali ed economiche, non sarà tuttavia senza ripercussioniper i cittadini dell'Urbe; è molto probabile infatti, nonostante lavolontà del sindaco Ignazio Marino di rinunciarvi, che persopperire alla mancanza di entrate da parte dello Stato centrale, sidovranno ora ritoccare al rialzo le aliquote delle addizionalicomunali Irpef, dall'attuale 0,9% al prossimo 1,2%.

Con la fineinfatti delle condizioni previste dal Decreto Salva Roma, la giuntaMarino non potrà ora più ammortizzare parte dell'immenso debito,pari a quasi un miliardo di euro, 'scaricandolo' sulle spalle delcommissario straordinario di gestione, un commissariato diStato istituito nel 2008 con l'allora giunta Alemanno proprio alfine di aiutare la Capitale a superare le difficoltà economichederivanti dalla gestione amministrativa.

Attraverso infatti la figuradel commissariato, la giunta capitolina poteva così ammortizzarecirca 6oo milioni del suo enorme debito, evitando alla cittadinanzauna serie di rincari dei prezzi dei servizi e della tasse comunaliche ora, con la soppressione dei vecchi accordi, probabilmenteconosceranno.

Una 'retromarcia' quella dell'attuale esecutivo checome al solito è motivo di divisione da parte dell'opinionepubblica; se infatti alcuni, soprattutto appartenenti aglischieramenti che danno vita all'attuale governo, esultanoappellandosi a misure di uguaglianza di trattamento tra città dellapenisola, altri, come l'ex ministro Renato Brunetta, nonmancano di ridicolizzare il comportamento dell'esecutivo, definendolopari a quello di uno 'stato comatoso';

"L'esecutivo è semprepiù in stato comatoso.

Dopo la figuraccia fattasulla legge di Stabilità e quella sugli affitti d'oro, adesso, rossidi vergogna per le critiche ricevute relativamente alle marchette deldecreto cosiddetto Salva Roma, fanno saltare il decreto stesso con ungrottesco contrordine", spiega alla stampa l'ex ministro. Inlinea di massima, nonostante le parole di chi è all'opposizione, ildietro front dell'esecutivo è stato accolto benevolmente da piùparti, dalla Lega Nord al M5S, dai centristi di Scelta Civica ai'moderati' di NCD; gli unici a dolersene, e non potrebbe esserealtrimenti, saranno i contribuenti romani che con il nuovo annovedranno accrescere il peso del fisco direttamente nelle propriebuste paga.