La riforma del lavoro preannunciata con enfasi dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale del decreto legge che modifica l'apprendistato ed il contratto di lavoro a tempo determinato, viene presentata al Senato con un disegno di legge delega.
Aspre critiche sono state fatte, soprattutto da alcune sigle sindacali, al decreto legge che, apportando più flessibilità all'istituto dell'apprendistato ed al contratto di lavoro a tempo determinato, rischia di alimentare il precariato.
Le nuove occasioni di lavoro possono nascere solo con l'aumento della domanda interna. Con l'incremento dei consumi, si avrà un incremento produttivo e le imprese ricorreranno a nuove assunzioni. Il disegno di legge delega che il Governo ha trasmesso al Senato, denominato "Disposizioni in materia di ammortizzatori sociali, servizi per il lavoro e politiche attive", è formato da due capi e sei articoli. Il sesto articolo non sarà esaminato trattandosi di disposizioni finali per l'esercizio delle deleghe.
Il primo articolo si occupa della delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali. Esso appare generico, al punto tale da poter affermare che trattasi di una delega in bianco al Governo. L'unica cosa certa ed evidente è che esso mira ad una limitazione delle applicazioni delle integrazioni salariali.
Tra gli indirizzi indicati, infatti, si prevede "l'impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione di attività aziendale o di un ramo di essa", "la necessità di regolare l'accesso alla cassa integrazione solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell'orario di lavoro","una maggiore compartecipazione delle imprese utilizzatrici".
Anche per l'assicurazione sociale per l'impiego, istituto che dal gennaio 2013 ha sostituito l'indennità di disoccupazione, è prevista "la rimodulazione dell'ASpl, con omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari ed ai trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore", nonchè la possibilità che il beneficiario venga impegnato in attività a beneficio delle comunità locali.
Anche se quest'ultima parte può essere condivisibile, appare chiaro che la "rimodulazione" dell'indennità potrebbe portare ad una sua riduzione quantitativa, visto che essa sarà legata alla "pregressa storia contributiva del lavoratore".
Il secondo articolo tratta della delega al Governo in materia di servizi per il lavoro e politiche attive. Anch'esso appare generico ed, utilizzando più volte il termine "razionalizzazione" senza l'indicazione precisa delle cose da fare, lascia ampio margine all'Esecutivo di intervenire con i decreti attuativi che riterrà più convenienti da adottare. Una sola cosa appare chiara ed è rappresentata dalla costituzione di una Agenzia nazionale per l'occupazione che dovrebbe sostituirsi ai centri per l'impiego, raccordandosi con Inps, Regioni e Province.
Dopo il terzo articolo che detta indirizzi per la semplificazione di alcune procedure ed adempimenti, si passa al quarto, che tratta della delega al Governo in materia di riordino delle forme contrattuali. Anche questo articolo è talmente generico da rappresentare una delega in bianco al Governo, che potrà, con i decreti attuativi, a suo piacimento, confermare, modificare vecchie tipologie contrattuali o istituire nuove forme di contratti di lavoro.
Il quinto articolo riguarda la delega al Governo in materia di maternità e conciliazione. Ad un primo esame, esso appare finalizzato all'attuazione di nobili principi, quali quello della tutela delle donne lavoratrici con figli, prevedendo perfino la flessibilità dell'orario di lavoro al fine di favorire la conciliazione tra l'esercizio delle responsabilità genitoriali con il lavoro. Il punto c) di tale articolo, però, introduce un argomento che appare completamente fuori luogo in un disegno di delega al Governo che ha per oggetto la riforma del lavoro. Ad un certo punto, esso recita: "armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico".
Che cosa significa? Vuol dire che le detrazioni per il coniuge a carico saranno abolite? Se così fosse, si tratterebbe di una grave decisione del Governo Renzi. Sarebbero colpite soprattutto le famiglie più bisognose, quelle monoreddito. Questo Governo mentre, con la mano destra, mette nelle tasche di alcuni cittadini circa ottanta euro mensili in più, rimette l'altra mano nelle stesse tasche e si riprende circa sessanta euro al mese.
Speriamo che il Senato, nel corso dell'esame del disegno di legge delega presentato dal Governo, sia capace di rivedere l'intera struttura del provvedimento, rinviandolo al mittente con invito ad una delega non vaga ma circoscritta e ben delineata ed eliminando qualsiasi proposito di intervento sulle detrazioni per il coniuge a carico.