Il tentativo di scalata di Vivendi nei confronti di Mediaset non può far altro che consolidare la linea politica dialogante di Silvio Berlusconi nei confronti del governo appena costituito. È la tesi politica sostenuta da molti osservatori, “fin troppo evidente” secondo il politologo alla Luiss e studioso di Forza Italia, Giovanni Orsina, con il quale abbiamo parlato. Per Orsina la vicenda Mediaset-Vivendi “conferma il fatto che Berlusconi porterà avanti una opposizione responsabile: sarà più cauto e avrà bisogno di tenere buoni rapporti con chi sta al potere”.

E in effetti è chiaro che per tutelare le proprie aziende, il leader di Forza Italia cercherà di non fare opposizione di piazza e sarà molto più dialogante sulla legge elettorale. D’altra parte, come potrebbe puntare al voto anticipato rischiando di trovarsi di fronte un eventuale governo maldisposto e avverso come quello del M5S? Il suo obiettivo primario ora è salvaguardare gli affari e il fatto che abbia disdetto tutti gli impegni dimostra che con la testa è sul piano aziendale.

Il nuovo governo contro la scalata ostile ai danni di Mediaset

Il governo Gentiloni, per ora, si è schierato in difesa di Mediaset e ha assicurato, attraverso le parole del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, “che monitorerà con attenzione” la scalata dell’azienda francese.

Anche il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, ha seguito la stessa linea definendo Mediaset “una grande azienda” e ipotizzando “azioni, come governo, che possano mettere in sicurezza un patrimonio italiano”. Ma il punto è proprio questo: quanto può valere l’elemento strategico e l’italianità nel caso Mediaset? Non è un mistero che Palazzo Chigi tema che ad essere scalate in futuro possano essere anche Mediobanca, Unicredit e Generali.

C’è però una questione che va messa in evidenza per dare un quadro completo della vicenda e riguarda le regole e il metodo con cui Vivendi è intervenuta nel mercato italiano, specie in un settore strategico come le telecomunicazioni. Risulta curioso, infatti, che l’attacco a sangue freddo del finanziere bretone Bollorè sia arrivato nel bel mezzo di un contenzioso legale con Mediaset e soprattutto durante una crisi di governo (è chiaro che un paese è più vulnerabile senza un esecutivo pronto a intervenire).

Va detto inoltre che la scalata è iniziata quando il titolo Mediaset era ai minimi storici, dopo i forti cali provocati dallo stesso Bollorè con la rottura di un importante accordo industriale stipulato proprio con l’ex presidente del Consiglio. In questo caso sarà la procura di Milano a stabilire se ci sono estremi per un reato di aggiotaggio – dopo aver aperto un indagine per la manipolazione di mercato – ma è chiaro che i tempi con i quali è avvenuta l’operazione appaiono quantomeno discutibili.

In ogni caso, tornando a quanto afferma il politologo Orsina, la vicenda rafforzerebbe l’idea politica di Berlusconi secondo cui l’unica maggioranza possibile, in caso di sistema proporzionale, non possa non passare per Pd e Forza Italia: “Penso che Berlusconi in questo ultimo anno e mezzo – osserva – abbia lasciato aperte con grandissima attenzione due strade: una riguarda l’eventuale conferma del sistema maggioritario (e quindi un eventuale accordo con la Lega), ma allo stesso tempo ha tenuto aperta l’opzione di un sistema proporzionale – al quale sembra indirizzarsi l’intero sistema politico – che gli potrebbe permettere di formare una coalizione di governo assieme al Pd”