E' la volta dei giudici. Dopo la stampa faziosa e disonesta, nelle mire del neo presidente americano Donald Trump finisce la magistratura americana accusata di essere politicizzata. Mentre è stato confermato il discusso Jeff Session come ministro della Giustizia considerato dai democratici razzista, il presidente passa all'attacco.

Ce l'ha con i giudici della corte d'Appello federale a cui spetta la decisione sul 'muslim ban' presidenziale: il governo ha presentato ricorso per chiedere il ripristino del decreto con cui Trump ha interdetto l'accesso negli Usa a immigrati provenienti da 7 paesi musulmani.

Durante la prima udienza i giudici della corte di San Francisco hanno espresso un certo scetticismo su alcuni passaggi del documento: "Il provvedimento non potrebbe essere più preciso - ribatte Trump - anche un cattivo studente lo capirebbe. La corte sembra essere molto politicizzata".

Trump, senza il 'muslim ban' nessuna sicurezza per il Paese

"Una delle ragioni per cui sono stato eletto è di riportare l'ordine e la sicurezza". Come sempre Trump usa Twitter come cassa di risonanza delle sue ragioni: "Se gli Stati Uniti non vincono questo caso come è ovvio che dovrebbe essere, non potremmo mai avere la sicurezza di cui abbiamo diritto", ha scritto in un suo tweet.

Poi il presidente, incontrando i capi della polizia all'associazione nazionale degli sceriffi e dopo aver promesso tolleranza zero verso chi tenterà di usare violenza verso uomini in divisa, ha portato l'argomento sulla sicurezza degli Usa: ha tutti i diritti di adottare il bando che impedisce ai musulmani di accedere nel Paese per il bene della nazione.

Il bando, peraltro, ha sottolineato Trump, è scritto benissimo: "anche uno scolaro scarso lo capirebbe".

"Il bando è una questione di buon senso, va confermato subito, è il monito di Trump verso i giudici che hanno prima fermato e poi sospeso il suo provvedimento. "E' incredibile che l'amministrazione debba battersi in un'aula di tribunale per difendere gli Stati Uniti.

I legali del Dipartimento di Giustizia nella memoria difensiva inviata ai tre magistrati della corte d'appello federale hanno scritto che "in gioco c'è la sicurezza nazionale".

Quale sarà la sorte del decreto finora più controverso dell'amministrazione Trump? Intanto dalla Casa Bianca è arrivata la denuncia di un "ostruzionismo senza precedenti" e Trump è pronto a dar battaglia fino a ricorrere alla Corte Suprema se non vedrà ripristinato il suo provvedimento.

La decisione della Corte

La Corte chiamata a pronunciarsi, dovrà stabilire se il presidente Trump ha ecceduto nell'esercizio della sua autorità, se abbia violato la Costituzione che nel primo emendamento sancisce il principio della libertà di religione o se abbia violato la legge sull'immigrazione, come sostengono lo stato del Minnesota e di Washington che hanno intentato causa contro il bando.

Nel frattempo si sono aggiunti al ricorso altri 16 Stati, tra cui New York e la California, e centinaia di aziende (La Silicon Valley al completo); associazioni per la difesa di diritti civili, docenti universitari.

I giudici hanno assicurato che prenderanno una decisione il prima possibile, ma non si sono pronunciati su una data precisa. Se sarà respinta questa richiesta del governo, la battaglia legale arriverà alla Corte Suprema. Intanto le frontiere degli States sono nuovamente aperte a rifugiati e migranti.