Le mille contraddizioni del M5S. Il caso Diciotti non è indolore per i vertici pentastellati e Luigi Di Maio, come sempre, cerca di salvare 'capra e cavoli'. A chi gli chiedeva, in base al codice etico del Movimento, se fosse il caso di chiedere le dimissioni di Matteo Salvini dopo l'iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Agrigento (indagine che, comunque, è competenza del tribunale dei ministri), Di Maio ha chiarito che "Salvini può restare al suo posto perché non ha violato il codice etico previsto dal contratto". Nel contempo, però, si schiera a difesa dell'operato dei pm.

"L'inchiesta è un atto dovuto e le istituzioni vanno rispettate". Anche perché il rischio di una 'guerra' istituzionale tra esecutivo ed autorità giudiziaria è un serio pericolo per il M5S ed eventuali prese di posizione contro i pm potrebbero ricordare le 'battaglie' che negli anni di governo si era intestato personalmente Silvio Berlusconi.

La solidarietà del Cavaliere

Ovviamente, proprio Silvio Berlusconi che sull'intera vicenda non aveva espresso alcun commento, è saltato agli onori della cronaca politica nel momento in cui Salvini è stato indagato. Quella del Cavaliere, e non poteva essere altrimenti, è una manifestazione di solidarietà nei confronti di colui che, sulla carta, è ancora un alleato politico anche se effettivamente alleato al governo con una forza che si è sempre opposta strenuamente a Forza Italia.

"Ancora una volta - ha detto Berlusconi - l'autorità giudiziaria interviene su una questione esclusivamente politica sulla quale non deve interferire". E tra Salvini che urla a gran voce di non volere alcuna immunità e che l'inchiesta sarà un boomerang per i magistrati, mentre sull'altro versante c'è il leader di Forza Italia che si schiera dalla parte del ministro dell'Interno, c'è il rischio che il M5S finisca schiacciato.

Oltretutto Di Maio ha l'ingrato compito di ricompattare i ranghi del suo partito, perché le prese di posizione contro l'integralismo salviniano sulla questione Diciotti ci sono state, oltre a quella pubblicamente espressa dal presidente della Camera, Roberto Fico.

Movimento inquieto

Dalle file del M5S si sono levate parecchie critiche nei confronti di Matteo Salvini.

Sono circa 60, infatti, i parlamentari pentastellati che si sono opposti alla linea dura del Viminale, Dopo Fico, il vicepremier leghista ha incassato le dure parole della senatrice Paola Nugnes secondo cui "non c'è alcuna crisi migranti e Salvini provoca per arrivare alla premiership", come dichiarato in un'intervista al Manifesto. Oppure Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura alla Camera che ha definito la linea di Salvini "non degna di un Paese civile e di uno Stato di diritto". Secondo il deputato Aldo Penna, invece, i migranti della Diciotti avevano "tutto il diritto di poter accedere alle procedure per lo status di rifugiato politico". Tra le posizioni di netto contrasto a Salvini, anche quelle dei senatori Gregorio De Falco ed Elena Fattori, ma anche di esponenti locali come il capogruppo pentastellato al consiglio comunale di Torino, Valentina Sganga, ed il capogruppo di Palermo, Ugo Forello.

Non è davvero semplice per Di Maio riportare tutto alla calma e su una posizione politica univoca, fermo restando che anche le dichiarazioni del ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, hanno lasciaro l'amaro in bocca all'Associazione Nazionale Magistrati. "I magistrati possono essere criticati, ma mai offesi", una frase che non ha soddisfatto per nulla per il presidente dell'Anm, Francesco Minisci che si aspettava una presa di posizione netta ed inequivocabile in difesa dell'autorità giudiziaria.